Grazie a una nanoparticella biodegradabile contenente il ‘glutine’ forse sarà possibile ridurre le conseguenze della celiachia.
Questo è quanto emerge dal risultato ottenuto in una sperimentazione clinica di fase II condotta presso la Northwestern University Feinberg School of Medicine e che è stato presetato alla “European Gastroenterology Week” a Barcellona. Una sorta di cavallo di Troia al cui interno si nasconde l’allergene, in grado di insegnare al sistema immunitario a fidarsi e a non scatenare la violenta reazione infiammatoria che danneggia l’intestino tenue nelle persone.
Si tratta di un approccio ancora in fase sperimentale, ma i primi pazienti in terapia sono riusciti a introdurre glutine per 14 giorni nella loro dieta senza alcuna conseguenza. Ad oggi la celiachia è tenuta a bada solo evitando di ingerire cibi contenenti glutine.
La nanoparticella contenente glutine iniettata nel sangue viene subito captata da cellule immunitarie (i macrofagi) che letteralmente ingoiano il suo ‘cargo’ e avvertono altre cellule immunitarie della sua innocuità, cosicché si prevengono reazioni avverse al glutine. Le nanoparticelle sono state caricate di gliadina, che è il principale antigene del glutine e che è contenuta negli alimenti, soprattutto nel grano. Lo studio clinico ha fin qui dato risultati positivi: i pazienti trattati hanno consumato glutine per 14 giorni senza risentirne. Le reazioni infiammatorie dell’intestino sono diminuite del 90% rispetto a quelle che si verificano nei pazienti non trattati.
Una svolta nella cura delle malattie autoimmuni
La celiachia è una malattia autoimmune che differisce dalle altre perché il fattore scatenante (il glutine) è noto e proviene dall’esterno dell’organismo però tale strategia potrebbe essere applicata anche ad altre malattie autoimmuni.
“Questa è la prima dimostrazione che la tecnologia funziona nei pazienti”, commentano gli scienziati. “Abbiamo anche dimostrato che possiamo incapsulare la mielina nelle nanoparticelle per indurre tolleranza nei modelli di sclerosi multipla, o mettere una proteina dalle cellule beta del pancreas per indurre tolleranza nei confronti delle cellule che producono insulina nei modelli di diabete di tipo 1”.
Gluten Free, l’evoluzione della cucina italiana Senza Glutine
TI È PIACIUTO L’ARTICOLO? ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER GRATUITA
Per altre curiosità e informazioni continuate a seguirci su www.habitante.it