Tiny house movement, sogno o inganno?

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Dimensioni contenute, autosufficienza energetica, spese ridotte e design accattivante, a prima vista le tiny house sembrano dei piccoli gioielli architettonici. Guardiamo più da vicino le micro abitazioni che, come spesso accade per i fenomeni made in USA, stanno suscitando notevole interesse tra gli osservatori specializzati.

Di Wivoca – Shutterstock

Cosa sono le tiny house?

Le tiny house sono abitazioni vere e proprie in scala ridotta, anche meno di 10 mq, mobili o fisse, che in spazi limitatissimi concentrano tutto l’essenziale e anche qualche comfort in più, grazie ad un design attento all’ottimizzazione. Ogni centimetro viene sfruttato progettando in modo razionale e talvolta non convenzionale.

Spesso le tiny house vengono identificate come case dalle elevate prestazioni energetiche e dal basso impatto ecologico, addirittura autosufficienti, o quasi nella produzione di energia.

In giro per il mondo, le tiny house più originali

A Roma in 7 mq
Partiamo dalla Capitale, anche Roma infatti ospita una micro abitazione diventata già piuttosto celebre. A due passi da Piazza San Pietro trova posto la più piccola abitazione registrata nel nostro Paese , 7 mq in cui sono sistemati una cucina, un letto matrimoniale su un piccolo soppalco, un salotto, un bagno e tutte le armadiature necessarie.

Di ppa – Shutterstock

A Parigi, 8 mq in grande stile
Nella capitale francese gli architetti di Kitoko Studio si sono ispirati al concept del coltellino svizzero per il restyling di un microscopico appartamento di 8 mq, in cui si può cucinare, dormire, lavarsi o lavorare.

La percezione dello spazio è definita da come viene aperto o chiuso il grande armadio che all’interno dei suoi vani ospita completamente integrati letto, tavolo, angolo cottura, armadio e bagno.

Una casa…pieghevole!
È Made in Italy questa arditezza architettonica. Il suo nome è M.A.Di.
Offre 27 m quadri di spazio, costa circa 28.000 € e per realizzarla occorrono tre persone e sei ore di tempo.
L’unità abitativa ovviamente non necessita di fondazioni, e su richiesta può essere personalizzata con dotazioni energetiche di fascia A.

Diogene, tiny house d’autore
Anche Renzo Piano si è cimentato nel progetto di una tiny house.
Da questo è nata Diogene, 2,4 × 2,4 m di superficie e 2,3 m di altezza, dotata di un sistema autosufficiente per acqua ed energia.

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Di Ariel Celeste Photography – Shutterstcok

Quali sono i vantaggi delle tiny house?

A causa delle dimensioni ridotte, e del fabbisogno energetico molto limitato, le tiny house costituiscono senza dubbio una soluzione abitativa poco costosa e eco sostenibile. Quando inoltre queste micro abitazioni sono mobili, hanno il vantaggio di poter essere spostate agevolmente e hanno un impatto limitato sull’ambiente e sulla comunità.

Sono senza dubbio questi alcuni dei motivi che le hanno rese una ancora di salvezza per alcuni abitanti colpiti dalla crisi economica del 2009 negli Stati Uniti. Con una spesa davvero molto contenuta alcune famiglie sono riuscite a possedere comunque una abitazione dignitosa, contenendo fortemente i costi e evitando di finire sul lastrico.

Esistono perfino alcuni studi che affermano che chi che possiede una casa di questo tipo ha spesso più risparmi in banca, più tempo libero e chiaramente meno debiti sulla carta di credito, inoltre abitazioni di dimensioni così ridotte costringono per forza di cose chi le abita a vivere gran parte della propria vita fuori casa, favorendo apparentemente la socialità.

Studiare e non celebrare le tiny house

Proprio a partire dall’analisi della nascita del fenomeno tiny house, sorge spontaneo chiedersi se in realtà, per quanto progettualmente accattivanti, queste micro abitazioni non debbano restare quello che fondamentalmente sono, ovvero abitazioni di emergenza, o unità abitative per rispondere a precise esigenze contingenti.

Al riguardo è particolarmente interessante l’analisi di Leonardo Di Chiara, ventisettenne architetto di Pesaro, vincitore con la sua mini abitazione mobile aVOID Del premio Berlino 2017.

Le tiny houses rappresentano una possibilità, ma non una soluzione”, dice Leonardo, “ È un errore affidare un piccolo spazio a chi richiede un alloggio sociale perché esso richiede un’adesione a principi minimalisti. Pochi oggetti, poco consumo d’acqua, limitazioni nell’attività: non è cosa per tutti”.

Le lucide affermazioni dell’ Architetto Di Chiara colgono proprio nel cuore del discorso. Sebbene negli Stati Uniti la soluzione delle tiny houses sia stata uno strumento di empowerment economico individuale e sia stata esaltata attraverso una interpretazione idilliaca, è bene tenere presente che la vita in una micro abitazione richiede l’adesione consapevole a determinati principi etici e non può essere ridotta ad una semplice scelta di ottimizzazioni economiche.

Come afferma provocatoriamente Gene Tempest, scrittrice americana che condivide con il marito una tiny house da 10 anni, “ piccolo non è bello”. “ Negli ambienti piccoli le cose brutte diventano presenze tiranniche. Il cesto dei panni sporchi e la lavatrice occupano lo spazio che si destinerebbe a delle icone…

Divani, cuscini e tessuti invecchiano anzitempo, usurati dalla mancanza di alternative. Gli odori della cucina rimangono attaccati alle pareti, ai vestiti, alle lenzuola. È impossibile sfuggire a questo sapore di fallimento, che si insinua ovunque. Da tempo ho smesso di vergognarmi dei miei sogni politicamente scorretti, come quelli delle generazioni che ci hanno preceduti. Sogni ai quali non abbiamo più diritto: le cucine a isola, le poltrone giganteschi in cui affondare con un libro, stanze dove passeggiare in linea retta.”

Nonostante i toni drammatici, in tutta onestà un tantino eccessivi, le rimostranze di Gene Tempest ci ricordano che per #benabitare potrebbero non essere sufficienti spazi ottimizzati al massimo e costi iper contenuti, occorre rintracciare una sintonia emotiva, spirituale con lo spazio in cui si è deciso di vivere.

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