L’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato uno studio scientifico che esclude qualsiasi incidenza di neoplasie nelle aree più esposte durante le chiamate vocali. Ma servono altre indagini sui rischi legati all’utilizzo fin dall’infanzia.
Se ne parla molto in questi giorni, e abbiamo assistito anche alla nascita di gruppi di abitanti particolarmente interessati a conoscere gli eventuali effetti nocivi delle esposizioni e soprattutto della nuova rete 5G. Proprio in queste ultime ore è stato pubblicato dall’Istituto Superiore di Sanità il Rapporto ISTISAN 19/11 “Radiazioni a radiofrequenze e tumori: sintesi delle evidenze scientifiche” con i risultati di studi scientifici volti a comprendere se possano esserci fenomeni di induzione di tumori a seguito della esposizione alle radiazioni a radiofrequenze.
Allo studio hanno partecipato esperti di Arpa Piemonte, Giovanni d’Amore e Laura Anglesio, che si sono occupati delle influenze dei campi elettromagnetici relativamente alle sorgenti di maggior interesse per la popolazione: ovvero la telefonia mobile e il WiFi.
Di cosa parliamo quanto parliamo di radiazioni.
Chiariamo prima di tutto che con il termine radiazioni a radiofrequenze (RF) facciamo riferimento a quella parte di spettro elettromagnetico compresa nell’intervallo di frequenza tra 100 kHz e 300 GHz. Nulla a che vedere dunque con le radiazioni emesse da elementi radioattivi. Anche la luce visibile – ad esempio – è una radiazione elettromagnetica. E sono coinvolti non solo i cellulari ma anche gli attuali impianti per trasmissioni radiofonica e televisiva, le stazioni radio base per telefonia mobile, i sistemi WiFi esterni o interni agli edifici.
Sono frequenze che possono naturalmente attraversare il corpo, anche se maggiore è la frequenza e minore sarà la profondità di penetrazione, e che tali onde possono in teoria causare vibrazioni di molecole elettricamente cariche o polari.
A differenza delle radiazioni (UV, X o Gamma) la penetrazione di queste onde ha come unico effetto la produzione di calore, ovvero il surriscaldamento dei tessuti che, ad oggi, come dichiara anche l’Istituto Superiore di Sanità è l’unico effetto dimostrato di fronte all’esposizione di radiofrequenze.
5G meno pericoloso del 4G?
L’Istituto Superiore della Sanità tiene a sottolineare che anche se aumenteranno sul territorio le antenne emittenti di segnali elettromagnetici, le emissioni avverranno a potenze medie molto più basse di quelle attuali. Siccome l’ampiezza di emissione è proporzionale e la distanza inversamente proporzionale al calore generato, anche l’impatto sui tessuti biologici si suppone sarà inferiore.
Gli autori dello studio scientifico Susanna Lagorio, Laura Anglesio, Giovanni d’Amore, Carmela Marino e Maria Rosaria Scarfì sottolineano come gli effetti negativi o nocivi da esposizione alle onde elettromagnetiche non trovano alcun riscontro scientifico escludendo alle conoscenze attuali ogni possibile rischio cancerogeno, o di tumori cerebrali, in relazione all’esposizione a radiofrequenze dei cellulari non trova alcuna conferma scientifica.
Il rapporto dell’ISS esclude anche ogni correlazione su meningiomi, gliomi, neuromi acustici, tumori delle ghiandole salivari e tumori dell’ipofisi. In tutti questi casi, non è stato riscontrato nessun collegamento con l’uso regolare del cellulare.
Il rapporto rappresenta uno strumento completo per acquisire informazioni sulle modalità di esposizione alle diverse sorgenti a radiofrequenze (impianti per trasmissioni radiofonica e televisiva, stazioni radio base per telefonia mobile, sistemi WiFi e telefoni cellulari) Il rischio di tumori cerebrali in relazione all’esposizione a radiofrequenze dei cellulari non trova alcuna conferma scientifica. Inoltre, come spesso ripetuto, i cellulari delle prime generazioni presentano potenze di emissione molto più elevate rispetto a quelli attuali. In tal senso, infatti, restano ancora dei dubbi sulla possibile incidenza in caso di uso prolungato.
Esposizione dei bambini alle fonte radianti.
Questione non ancora risolta riguarda invece gli effetti a lungo termine dell’utilizzo di cellulari nei bambini; al momento non ci sono dati sufficienti per escludere che vi possa essere una maggiore vulnerabilità agli effetti sopra citati durante l’infanzia.
Sono argomenti, questi ultimi, che richiedono ulteriori approfondimenti e rendono il tema dei rischi da esposizioni a radiofrequenze ancora aperto.
Per saperne di più: Link al rapporto
Ulteriori approfondimenti in questo articolo sul sito di Quotidiano Sanità
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