Boom del second-hand
Il 2020 è stato l’anno del via per il settore del second-hand, un vero e proprio boom. I dati di Adnkronos riportano che, in cinque anni da oggi il settore del second-hand crescerà fino al 20%.
Second-hand: il mercato dell’usato è in crescita
Il settore del second-hand fa sempre più gola al mercato del lusso. La pandemia di Covid-19 ha portato molti italiani a buttarsi in quello che è il mondo dell’usato. Infatti, secondo i dati rilevati da Adnkronos, il 2020 è stato l’anno del boom nel mondo del second-hand. Ciò che ha riportato un indagine stimata da Bcg Consulting riporta che, il boom è stato pari a 30,4 miliardi di dollari. Si stima che questo settore crescerà sempre di più col passare del tempo. Infatti, nei prossimi cinque anni si stima che crescerà con un incremento dal 15% al 20% l’anno. Chiaramente, la crescita sempre più imponente del settore del second-hand sta minando le strade al mondo del lusso e della moda, sia dal punto di vista del consumatore, che dal punto di vista del brand.
Le città in cui si possono trovare molti e particolari negozi di second-hand sono le seguenti:
- Bruxelles.
- Copenhagen.
- Lisbona.
- Helsinky.
- Amsterdam.
La Cina e il mercato del second-hand
E proprio in Cina, si rileva che, il second-hand stia piano piano insidiandosi. Infatti, è stata registrata una forte crescita del settore nell’ultimo periodo. Il boom in Cina è stato tra i più giovani, i maggiori consumatori di oggetti o vestiti di seconda mano. Stando ad una ricerca condotta da Bluebell group, oltre il 70% dei consumatori asiatici (senza includere il Giappone) ritiene che la sostenibilità non sia tra i loro principali interessi. Anche se, fortunatamente, in questo momento si rileva un forte cambiamento, dal punto di vista della sensibilità dei giovani sul tema sostenibilità.
Il mercato del second-hand ha raggiunto il suo picco in Cina, lo scorso 2021, attraverso le principali piattaforme. In conclusione, grazie al grande successo dello stile retrò, aumentano sempre di più i consumatori asiatici che vogliono esplorare il potenziale che caratterizza l’abbigliamento vintage.
Pillole di curiosità – Io non lo sapevo. E tu?
- Secondo uno studio condotto dall’azienda McKinsey, i consumatori acquistano più vestiti di prima: “60 capi all’anno, di cui il 40% non viene mai o raramente indossato”. La conseguenza è che i guardaroba sono pieni di capi che non vengono usati, mentre si continua ad acquistare. La Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite riferisce che 21 miliardi di tonnellate di tessuti vengono inviati in discarica ogni anno. Questa cifra non fa menzione del numero di capi che, nascosti nei nostri guardaroba, allargano notevolmente il problema dello spreco di moda.
- Ogni prodotto che viene fabbricato è responsabile di un certo livello di esaurimento delle risorse naturali. Che si tratti di estrazione di petrolio, estrazione di metalli, disboscamento di foreste, coltivazione di cotone o pompaggio di acqua. Ad esempio, in media occorrono 1.800 litri d’acqua per produrre un paio di jeans.
- Le strategie di produzione utilizzate dalle aziende che creano beni in serie non sono convenienti e favorevoli per i loro lavoratori. Spesso sfidano letteralmente i diritti umani. Un aumento della domanda di questi beni prodotti in serie, sosterrà solo pratiche di sfruttamento non etiche. Mentre ci sono buone aziende, là fuori, che sono etiche e trasparenti con i loro metodi e strategie, sono solo una manciata e i loro prodotti tendono ad essere piuttosto costosi, con i loro prezzi al di sopra di quello che una persona media può permettersi.
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