Nei miei primi anni di studio all’università, in una di quelle miti giornate passate in biblioteca a fare ricerche, incappai in un vecchio articolo che qualcuno aveva ritagliato e ricomposto, insieme ad altri, in un sottile fascicolo di cartone. La lettura di quel breve trafiletto dal titolo Psicanalisi e architettura, uscito nel n.235 de “L’Architettura” a firma L.Donati fu il primo di molti passi verso la scoperta della chiave di lettura psicoanalitica della casa che ho poi messo in fila nella mia personale ricerca progettuale negli anni a seguire.
La tesi che si sosteneva nell’articolo era che le tre componenti freudiane della mente umana “Es” o inconscio, “Io” o senso della realtà, “Super-io” o nostre aspirazioni o senso di morale relativa, quando proiettate sull’ambiente dove abitiamo, hanno una ben precisa corrispondenza strutturale e di azione nella planimetria della casa.
Il salotto, con i diplomi e la vetrina con la ceramica buona è la sede del Super-io.
Tutti gli spazi di relazione della casa compreso il giardino sono espressione del Super-ego e delle aspirazioni del soggetto che lo abita (o lo immagina). Questa istanza ha origine culturale, si forma nei primi anni di infanzia con l’educazione che riceviamo dai genitori e si alimenta continuamente nel tempo con gli apporti delle personalità che li sostituiscono in età adulta. Nel figurare mentalmente il nostro soggiorno creiamo un riflesso ideale – e quindi illusorio – di noi stessi, riversando in esso l’immagine forzatamente sublimata dell’Io, il quale viene distaccato dal suo piano naturale, quello della consapevolezza, per essere alterato secondo i modelli codificati imposti dalla cultura di riferimento e diventando così Super-io.
Il bagno, per il suo rapporto con le fasi primarie dello sviluppo e il comportamento fisico istintivo è la sede dell’inconscio (o Es). Il progetto del bagno, contrariamente a quello del soggiorno, è dettato soprattutto dal non-consapevole, dalle emozioni profonde se non da quelle primitive ed innate della visione junghiana. Costretto a parlare il linguaggio dell’istintuale, il design si è spesso rivolto con successo ad un alfabeto più consono all’irrazionalità dell’Es come ad esempio quello dei simboli, delle forme organiche ed archetipe.
La stanza da letto è condominio tra le tre istanze: Es, Super-io ed Io ma ospita soprattutto quest’ultima. Nella intimità della camera da letto l’Io trova il naturale terreno per svolgere il suo compito di gestione della consapevolezza che esegue misurando e demarcando ciò che identifica come appartenente al proprio Se e ciò che invece ritiene ad esso alieno, percepito come parte di un altro essere. Nella sua accezione di istanza deputata alla risoluzione dei problemi giornalieri l’Io è stato a volte identificato anche con le funzioni svolte in cucina.
Quando i confini tra istanze intrapsichiche diventano labili o addirittura vengono a decadere si generano le nevrosi (in casi estremi le psicosi), esattamente ciò che si può supporre possa avvenire in un abitante ipotizzando di eliminare, ad esempio, le partizioni tra salotto e bagno. Nella distribuzione delle funzioni domestiche e nella loro composizione in stanze, spazi ed ambiti il progettista è perciò chiamato a gestire i conflitti tra i diversi rovesci del modello psichico, a conoscere questa multiforme mappa della mente per riproporla organizzata e coerente, in forma di design.
Francesco Pecorari, Architetto
Istituto Italiano Design, Perugia