Pillole di Storia nel Design: la lampada Arco dei fratelli Castiglioni

lampada Arco

In questo appuntamento con la rubrica Pillole di storia nel design, presentiamo uno degli oggetti di design più iconici, famosi e soprattutto venduti, la lampada Arco dei fratelli Castiglioni. Pratica, funzionale ed esteticamente bella, scopriamo tutti i dettagli di questo complemento d’arredo.

Lampada Arco: un arredo con i diritti di un’opera d’arte

Ideata e progettata dai designer, nonché fratelli, Pier Giacomo e Achille Castiglioni e prodotta dall’azienda d’arredamento Flos nel 1962, non è solo un arredo comune di design. La lampada Arco è anche il primo oggetto di design industriale che si è visto riconoscere, nel 2007, la tutela dei diritti d’autore, come per le opere d’arte.

Questo è successo a seguito dei numerosi plagi ed imitazioni che la lampada Arco ha subito, sia in Italia che all’estero.

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Il design e le funzioni della lampada Arco

Arco è una lampada a terra, regolabile e a luce diretta. Il disegno e la composizione sono formati da:

  • una base in marmo bianco con forma rettangolare, dove la rigidezza e le punte sono state smussate, donandole più leggerezza.
  • La struttura in metallo, che parte dalla base in marmo, fissata al suo interno, si erge dritta per poi curvarsi creando un vero e proprio arco, il quale è regolabile grazie allo scorrimento dei 3 profilati di acciaio inossidabile, con sezione a U di cui è costituita. Questo permette di posizionare il riflettore a 3 altezze diverse.
  • Alla fine dell’arco, si trova il punto luce vero e proprio. Si tratta di una cupola composta da 2 pezzi: la calotta forata che evita il surriscaldamento del portalampada (lampadina a 100 watt) e un anello in alluminio per regolare il posizionamento della cupola.

La sua semplicità e praticità l’hanno resa una meravigliosa lampada da interni, sia per la casa che per gli edifici pubblici e di commercio.

Svolge perfettamente la funzione di punto luce in qualsiasi ambiente della casa e in qualsiasi posizione, facilitata dalla regolazione dell’altezza e dell’ampiezza della sua struttura.

Allo stesso tempo questa leggerezza, quasi eterea, nella forma e sostanza, è bilanciata da un robusto blocco di marmo che la tiene salda a terra, permettendone comunque il facile spostamento. Come? Se notate si è forato il marmo, da parte a parte, creando un buco perfettamente lineare.

Questo piccolo espediente permette sia il fissaggio dello stelo di supporto, sia di poter spostare la base, senza troppa fatica, anche con l’ausilio di un bastone.

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L’idea alla base del progetto di Achille e Pier Giacomo Castiglioni

Sicuramente, l’ideazione della lampada Arco dei fratelli Castiglioni, vuole rappresentare proprio la praticità e la versatilità di un oggetto d’arredamento come una lampada, in questo caso.

Questo pensiero nasce dalla voglia di inserire negli ambienti un punto luce mobile, che non sia ancorato ad una parete o pendente e per forza fisso, in una posizione prestabilita.

Che sia alle spalle di un divano o che debba illuminare un tavolo o una scrivania, la luce sospesa della Arco non infastidisce. Arriva diretta sul punto da illuminare e, a seconda del bisogno, si può spostare.

Da quando è stata prodotta non si sono verificate modifiche o alterazioni della lampada Arco. L’unica nota riferibile è sul colore di alcune componenti:

  • in origine era disponibile anche con una base di marmo nero (ora reperibile sono nelle copie).
  • I primissimi modelli erano dotati della calotta forata in colore oro.
  • Sistema elettrico, modificato per uniformarsi alle leggi vigenti sulla sicurezza.

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Pillole di curiosità – Io non lo sapevo. E tu?

  • La base in marmo bianco della lampada Arco pesa circa 65 kg.
  • Può raggiungere, in posizione orizzontale dalla base, i 2 metri massimi di estensione, mentre per l’altezza arriva massimo a 2,5 metri.
  • Come oggetto iconico di design, fa parte delle collezioni permanenti del Triennale Design Museum di Milano e del MoMA di New York.
  • Pier Giacomo Castiglioni è stato eletto fra i primi 10 designer al mondo da Dino Gavina.

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