Luglio: è tempo di raccogliere i pomodori

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“La conoscenza è sapere che un pomodoro è un frutto,
la saggezza sta nel non metterlo in una macedonia”
Miles Kington

Da luglio e fino a settembre parte la raccolta dei frutti che arrivano dal Nuovo Mondo: i pomodori

E si, perché l’ortaggio simbolo della cucina italiana – basti pensare agli spaghetti al pomodoro e alla pizza – rivela la sua origine tropicale con la sua enorme diffusione soprattutto nelle regioni più calde d’Italia. Il pomodoro (Solanum lycopersicum)  è un frutto che venne introdotto in Europa dagli Spagnoli verso la fine del secolo XVIII. Più precisamente dalla America Latina in seguito alle nuove scoperte geografiche e alla fondazione dei primi imperi coloniali all’inizio del Cinquecento. Dalle regioni tropicali e subtropicali del Cile, dell’Ecuador e del Perù.

DA ORNAMENTO A COMPONENTE PER LA PIZZA

Un po’ come successe per la patata, il suo destino non fu subito quello di arricchire le tavole occidentali. Venne semplicemente impiegato a scopo ornamentale, soprattutto negli orti e nei giardini. Solo nel ‘700 e nel Sud Italia venne utilizzato anche ad uso alimentare. Nasce così la pizza marinara: una tipica pizza napoletana condita con pomodoro, aglio, origano e olio.

Pizza napoletana
Foto: Shutterstock – Pizza napoletana

Uno dei pomodori più utilizzati e più saporiti è sicuramente il San Marzano, soprattutto per i pelati in scatola, che troviamo soprattutto nella regione Campania, nei comuni di Napoli, Salerno e Avellino. Il suo colore va da un verde al rosato fino al rosso vivo, indice di piena maturazione. Per questo è più adatto alla preparazione dei sughi. Proprio il suo sapore agrodolce lo rende particolarmente indicato per il consumo crudo oppure cotto sotto forma di salsa.

Nella foto noterete la caratteristica forma cilindrica allungata un po’ irregolare. Attualmente però sul mercato sono rintracciabili anche degli ibridi molto resistenti e più commercializzabili.

Shuttertock: Pomorodo San Marzano
Foto: Shutterstock – Pomodoro San Marzano

 

Il problema che tiene impegnati i ricercatori che sperimentano nuovi prodotti agricoli è il sapore. Nel corso dei decenni, infatti,  il pomodoro intensivo è diventato non solo meno gustoso ma anche meno nutriente.

Anche se l’origine del pomodoro è americana, solo in alcune regioni d’Italia, grazie a una serie di fattori microclimatici, si è raggiunto il culmine del sapore, della consistenza e della quantità di sostanze benefiche. Non è dunque un mistero che per anni  si sia cercato di imitare questa prelibatezza partendo da specie antiche nordamericane: Matina, Butcher sanguinante, Ailsa Craig, Marmande, Oaxacan Rosa.

Ci sono riusciti alcuni anni fa i laboratori dell’Università della Florida a Gainesville (University of Florida’s Institute for plant innovation), che hanno selezionato cinque geni chiave in grado di esaltare notevolmente il sapore di questa varietà e individuarne tre che determinano la produzione dei composti aromatici.

NO OGM

Nessuna manipolazione genetica, sia chiaro, nessun  Ogm, ma solo incroci selettivi in modo da ottenere il  miglior ibrido possibile. In botanica si utilizzano da secoli i processi di ibridazione per modificare o fare  emergere nuovi caratteri, per far nascere nuove varietà. Un ibrido è dunque un organismo generato dall’incrocio di due organismi di specie o varietà diversa.

Un altro ibrido è quello dell’azienda siciliana  Vilmorin, che con il  SIR GALVAN F1, un San Marzano che  può essere raccolto  non completamente maturo e lasciato maturare dopo la raccolta. È molto apprezzato per la facilità di coltivazione della pianta, per la sua adattabilità al ciclo precoce e autunnale. Ma anche per la duttilità alla raccolta sia a frutto singolo, sia a grappolo, sia a rosso che da insalata.

Naturalmente esistono differenti varietà di pomodoro, oltre ai San Marzano: dai minuti pomodori a ciliegia fino ai più grandi a “cuor di bue”, con colorazioni che vanno dal classico rosso intenso fino a  giallo, verde e addirittura nero. Tutte le diverse varietà vengono però accomunate da una predilezione per le regioni a clima caldo, perché non dimentichiamo che sono frutti provenienti dal centro e Sud America. La loro temperatura ideale è intorno a venticinque gradi durante il giorno e quindici gradi durante la notte. Per quanto riguarda il fondo si adattano molto bene sia a terreni acidi che basici.

NON TUTTO È ORO

La raccolta del pomodoro è molto delicata, e per evitare di provocare ammaccature o tagli deve necessariamente essere eseguita a mano. Deve essere svolta durante le temperature più calde, dato il  periodo dell’anno in cui avviene la maturazione. Temperature caratteristiche dell’area meridionale. Normale dunque che questo lavoro, molto faticoso e impegnativo, venga svolto da stagionali. Sono tragicamente note le storie sul caporalato e lo sfruttamento che riguardano oltre 400 mila lavoratori. Turni da 8-12 ore al giorno per una paga media di circa 3 euro l’ora. Un fenomeno di sfruttamento che costa caro all’erario: 420 milioni di euro l’anno in evasioni contributive.

Raccolta dei pomodori a luglio
Foto: Shutterstock – Raccolta dei pomodori

 

Proprio per questo alcune aziende, come Coop,  ha propri codici che forniscono una garanzia sulla eticità dei rapporti di fornitura attraverso ispezioni e controlli in campo oltre a quelli già previsti per legge. Un esempio  è la campagna Buoni e Giusti sulle filiere ortofrutticole a rischio (800 fornitori coinvolti oltre 70.000 aziende agricole), che è tuttora in corso e si sta intensificando in vista della stagione della raccolta del pomodoro.

Anche il Gruppo VéGé, un gruppo d’acquisto Distribuzione Organizzata e primo gruppo di supermercati nato in Italia, plaude a una recente iniziativa della Camera che vieta le aste a doppio ribasso sui prodotti agricoli e agroalimentari. Una pratica scorretta che incide sulla qualità dei prodotti, oltre che sullo sfruttamento dei lavoratori, aumentando il pericolo di trattamenti anche illegali con pesticidi, danneggiando così la salute dei consumatori.

Pillole di curiosità –  Io non lo sapevo. E tu?

  • Dal punto di vista scientifico i pomodori sono il polposo frutto prodotto dalla fecondazione dell’ovario della pianta, e dunque rientrano a tutti gli effetti nella definizione di “frutto” data dalla botanica. Questa definizione include mele, cetrioli, i peperoni, le zucche e gli avocado e qualsiasi organismo che cresca da una pianta e contenga dei semi.  La differenza più evidente è che una verdura deve essere una parte di una pianta o tutta l’intera pianta stessa. I frutti sono solo il mezzo con cui alcune piante diffondono i loro semi.
  • Anche la Corte Suprema americana discusse a lungo sul fatto se i pomodori siano effettivamente dei frutti. Durante il 1893, oltre 120 anni fa, venne posto fine  a una lunga disputa legale stabilendo una volta per tutte che, davanti alla legge, il pomodoro è una verdura.  Tuttavia dal punto di vista scientifico questo è un errore.

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