La redazione di Habitante.it ha avuto il piacere di intervistare l’architetta Enza Lacalamita.
“In una casa pensata per tutti e per ciascuno, i bambini potranno essere autonomi e al contempo responsabili, mentre i genitori vivranno sereni e si sentiranno sicuri nel lasciare abitare la casa ai loro bambini.”
L’intervista di Habitante all’architetta Enza Lacalamita
Salve, grazie anzitutto per aver accettato di concedere questa intervista alla redazione di Habitante. Com’è nata l’idea di combinare la sua professione di architetta con i principi educativi montessoriani per la progettazione degli spazi?
Grazie a voi per avermi concesso questo spazio e darmi modo di spiegare un nuovo modo di vedere la casa, che io stessa ignoravo finché non sono diventata mamma. È da allora che tutto ha avuto inizio, pur essendo stato un cambiamento molto graduale.
Infatti, quando è nato il mio primo figlio, inizialmente ho incontrato difficoltà per quanto riguarda l’aspetto strettamente genitoriale, legato alla lenta ripresa del post partum, all’avvio dell’allattamento (che non avrei mai pensato così faticoso!) e così via.
È stata la necessità a spingermi a cercare una soluzione a questa fase tanto bella quanto complicata, a spingermi a fare ricerche per trovare risposte. Così ho letteralmente “scoperto il mondo dei bambini”. Che è davvero un altro mondo, completamente sconosciuto agli adulti!
Tutti quei capricci e vizi spesso associati ai bambini, sono nella testa dell’adulto che non riesce a comprenderne il linguaggio. E questa “incomprensione” si rispecchia anche nella casa.
Io stessa, da architetta, non posso fare un buon progetto se non comprendo le esigenze del mio cliente. E in una casa dove vive una famiglia con bambini, il professionista deve sapere di che cosa hanno bisogno genitori e figli per vivere insieme serenamente.
La mia idea iniziale di casa con bambini, prima di diventare mamma, prevedeva accessori che intrattenessero il bambino mentre io potevo dedicarmi al lavoro o ad altre faccende; e, poi, eliminare spigoli e bloccare cassetti.
Invece ad un certo punto ho scoperto Maria Montessori, pedagogista italiana forse poco nota a mio parere, nonostante il suo volto sia stato impresso per decenni sulla vecchia banconota da mille lire. E peggio ancora, lì dove pure si conosce il personaggio, spesso ne viene mal interpretato il pensiero.
I suoi principi educativi partivano da una richiesta espressa proprio da uno dei suoi bambini: “aiutami a fare da solo”; cioè essere messo nelle condizioni di poter agire in autonomia.
E qui nasce l’importanza dell’ambiente che, se opportunamente predisposto dall’adulto, risponde perfettamente all’esigenza del bambino a muoversi autonomamente e a far sì che l’adulto non interferisca nel processo di apprendimento.
In questo modo l’ambiente diventa maestro, perché permette al bambino di fare certe esperienze in autonomia. L’idea che un bambino piccolo non possa fare certe cose nasce dal fatto che in un tradizionale ambiente pensato per gli adulti non viene messo nelle condizioni di fare tentativi o di farli in modo sicuro. Per cui è costretto ad attendere che il suo corpo cresca un po’ per essere in grado di superare certi limiti. Così ne viene limitato e rallentato lo sviluppo.
Man mano che approfondivo i suoi studi, ho iniziato a metterne in pratica alcuni principi su mio figlio (che allora iniziava a fare i suoi primi passi) e sulla mia casa, ed effettivamente riscontrai abbastanza presto risultati sorprendenti, anche su un bambino così piccolo. Ecco perché ho poi deciso di farlo diventare un perno nella mia professione.
Quali sono le sfide specifiche che ha riscontrato nel progettare spazi abitativi ottimizzati per bambini, specialmente considerando le limitazioni nelle dimensioni tipiche delle abitazioni moderne?
La prima sfida è quella di far comprendere che tutti i genitori hanno nelle proprie mani la responsabilità di fare emergere il potenziale dei propri figli, che sarà determinante per l’età adulta, ancora prima di pensare di affidarli a educatori e insegnanti.
Troppo spesso non si attribuisce il giusto valore all’infanzia perché tanto si tratta di una fase temporanea. Temporanea sì, come tutte le fasi, ma determinante per il resto della vita.
Molti puntano alla cameretta montessoriana, ma è più giusto che ai bambini sia concesso di muoversi autonomamente in tutte le stanze della casa, tenendo conto dell’età, delle competenze acquisite, dello spazio e di tanto altro.
Un’altra importante sfida è proprio quella dello spazio, che, però, aumenterebbe se si desse più valore ad uno dei principi cardine del metodo Montessori, secondo cui “meno è meglio”. Serve davvero poco per auto-educare e rendere felice un bambino. Spesso i bambini ci danno dimostrazione di questo, ma non ci badiamo.
Per esempio, fra tutti i giochini carini proposti, la gran parte preferisce le chiavi di casa o il telecomando. Dunque, conoscere i bambini porta a fare una più facile selezione dell’essenziale e incanalando le scelte degli adulti verso scelte più ponderate e di maggior qualità.
In che modo il suo blog aiuta a risolvere i problemi specifici delle famiglie moderne, e quali risorse e contenuti offre per supportare i genitori nella progettazione degli spazi domestici?
Il mio blog vuole essere d’ispirazione soprattutto per quelle famiglie che sono alle prese con il loro primo figlio (ma anche con il secondo, il terzo…perché l’esperienza è sempre diversa), perché siano preparate a ciò che le attende e in funzione di questi possano organizzare al meglio la loro casa.
Sia per non rinunciare al design che hanno tanto desiderato prima dei figli così non creare un distacco troppo forte con il loro passato, senza rinunciare completamente alla propria identità (perché spesso capita di annullarsi completamente per i figli), ma anche perché la casa stessa diventi strumento educativo e di supporto con i giusti arredi ed il giusto spazio di movimento.
Basarsi su modelli del passato è controproducente, perché non rispecchia più le esigenze della società attuale in cui spesso i neogenitori sono lasciati da soli a cercare di comprendere un nuovo linguaggio, ad adattarsi a nuovi ritmi, con poco sonno e, prima di riuscirci, dover rientrare a lavoro.
Soprattutto le esperienze del passato hanno permesso di andare avanti e, per esempio, di scoprire che la culla più sicura è quella più scarna nella stessa stanza dei genitori per il primo anno.
Il mio blog offre esempi di situazioni che possano integrare design e sicurezza, partendo dalla conoscenza del bambino e dalle sue esigenze fisiologiche, incluso il desiderio di autonomia, tramite progetti e consulenze.
Come influisce la sua esperienza personale come madre nel plasmare la metodologia progettuale?
La mia esperienza personale mi è stata molto di supporto sia nel riconoscere che c’è una lacuna nell’aspetto progettuale in generale sia nel testare l’efficacia di una nuova metodologia.
Soprattutto c’è un aspetto ancora più bello e più importante che ho rivalutato, cioè che la casa non è altro che lo specchio di chi la abita, delle sue abitudini, del modo di pensare, del tipo di lavoro. E diventa uno specchio della società. Faccio un esempio per spiegarmi meglio.
Se pensiamo alle case dei nonni, queste avevano per lo più grandi stanzoni e al massimo due camere da letto dove dormivano tutti insieme i (tanti) figli. Il cuore della casa era la cucina e riunirsi a pranzo per condividere quel poco che si aveva era un momento sacro, per cui le cucine erano sempre molto accoglienti. Per artigiani o gente di campagna era previsto anche un ricovero per gli attrezzi da lavoro o per gli animali.
In ogni caso la famiglia era di tipo patriarcale, con un capo famiglia che ne approvava o disapprovava le decisioni. Oggi la situazione è completamente ribaltata, pur essendo ancora radicati alcuni antichi ideali e modi di pensare.
Innanzitutto il papà non è più il padrone assoluto, ma condivide in modo più equo con la mamma il ruolo genitoriale e le faccende domestiche. I fornelli non sono più di proprietà esclusiva della donna, che lavora anche lei al di là delle mura domestiche, ed il momento del pranzo perde quasi di sacralità, perché i pasti sono diventati per lo più veloci quando non avvengono fuori casa (magari dai nonni).
Per cui diventa più che sufficiente avere un angolo cottura in open space sul soggiorno. La casa in generale non è più così vissuta come un tempo. Molte funzioni sono scomparse, i figli sono diminuiti, ma spesso aumentano le camerette perché ognuno abbia un proprio spazio di raccoglimento.
Ecco come la società ha cambiato lo spazio domestico. Dunque, una casa che accoglie i bambini come dei piccoli adulti, è il riflesso di una società che ancora non comprende i reali bisogni dei bambini.
Ho visto la mia stessa casa cambiare ed evolversi con le mie conoscenze e passando dal riempirsi di tutto e di più ad una selezione della qualità. E questa selezione della qualità è motivo di crescita anche per gli adulti, portandoli ad interrogarsi sulle reali necessità, non solo materiali, ma anche emotive, di progetti accantonati, di sogni sepolti da quegli ideali che dominavano durante la propria infanzia.
Può spiegare meglio il concetto di “autoeducazione dei piccoli” attraverso il design degli ambienti e fornire esempi di come questa filosofia si traduce nei suoi progetti?
In generale ognuno di noi viene influenzato in maniera inconscia dall’ambiente. Per esempio siamo portati a rispettare il silenzio quando entriamo in chiesa o a igienizzare le mani all’ingresso in ospedale. È l’ambiente stesso che ci suggestiona o ci dà implicitamente delle indicazioni.
E questo diventa ancora più importante in un ambiente dove ci sono dei bambini, per fare in modo che l’adulto interferisca il meno possibile nel suo processo di apprendimento che è unico per ogni bambino, nel senso che l’ambiente conduce verso una direzione, ma il bambino può reinterpretarla seguendo i propri moti interni, rivelando passioni e ideali.
In particolare, un ambiente progettato nel dettaglio, inclusi oggetti e arredi dei bambini, prevede una precisa collocazione per tutto. E questo non solo garantisce ordine nell’immediato, ma aiuta a conservarlo più facilmente nel tempo.
Questa condizione favorisce una chiarezza mentale sulle funzioni della casa e delle relative attrezzature, sulla divisione dei compiti e sulle responsabilità di ognuno. Sapere dove trovare ogni cosa dà sicurezza, ed è un mezzo per costruire fiducia. Si crea una reazione a catena, perché per ritrovare i suoi materiali, il bambino è costretto a conservare l’ordine.
Questo favorisce la disciplina; la disciplina favorisce la concentrazione; la concentrazione permette maggiore sviluppo delle abilità. Tuttavia, non si esclude il fatto che il bambino può decidere un altro tipo di ordine, cioè per esempio di non voler riporre un puzzle nell’immediato perché comunque gli è costato fatica comporlo. Per cui c’è sempre da tenere in conto che l’organizzazione della casa va ad integrare il lato prettamente pedagogico.
Poi c’è anche un altro aspetto dell’interior design da considerare. Molti genitori mi dicono: “mio figlio è molto curioso e mi risulta difficile addormentarlo perché si riattiva ad ogni minimo rumore o stimolo”.
A questo io rispondo che, al di là del temperamento, anche il bambino più pigro nasce curioso. Immaginati per la prima volta in un posto nuovo, per esempio la prima volta sulla neve. Quanti preferirebbero dormire invece di conoscere la novità? Sicuramente pochi o nessuno.
Un bambino piccolo è all’inizio del suo viaggio nel mondo e per lui è tutto meravigliosamente interessante, come si fa a dormire? E mentre un adulto negli anni ha imparato per lo più a gestire la curiosità e le emozioni, un bambino piccolo non ha ancora acquisito questa capacità di autocontrollo e non si addormenta finché non viene aiutato a rilassarsi.
Come interviene l’ambiente? Innanzitutto bisogna definire un ambiente dedicato al sonno, che sia sobrio, in modo da favorire il rilassamento, anche per i risvegli notturni.
A pochi mesi i neonati hanno proprio bisogno di essere educati al sonno. Anche l’arredo a misura di bambini fa sì che possano gestirlo in autonomia. E qualora la sedia produca rumore spostandola, sta dando un segnale di errore: vuol dire che deve essere sollevata. Così si corregge il gesto. E potrei andare avanti con altri esempi.
Quali sono gli elementi chiave che ritiene fondamentali per rendere sicuri gli spazi per bambini senza compromettere l’aspetto estetico e il design?
La sicurezza va a braccetto con l’estetica, se tutto è progettato a priori. Diventa più complesso se si rimanda ad una fase successiva. Un ambiente sicuro è un ambiente libero da cose, quindi minimalista, ordinato, dove ogni cosa trova il proprio posto, e pulito dalla vista di cavi, prese e materiali pericolosi.
Inoltre un ambiente sicuro si rifà alla natura, per forma e materiali. Esistono due stili che abbracciano tutte queste caratteristiche: il nordico scandinavo e il japandi. Sono caratteristici di questi stili: materiali naturali, forme arrotondate, minimalismo, colori chiari o, comunque, pochi accenti di colore, che non provocano una sovra-stimolazione, tipica dei bambini piccoli.
L’elogio alla natura viene fatto anche con pareti TV dove la TV in effetti non compare a prima vista perché nascosta quando non in uso. I cavi elettrici vengono sempre elegantemente coperti regalando ordine e pulizia visiva, ma anche sicurezza, essere fuori dalla vista e dalla portata dei bambini.
Come vede l’evoluzione degli spazi abitativi per famiglie nel contesto della società moderna e quali trend emergenti ha notato nella sua esperienza?
Qualcosa si sta muovendo ma c’è ancora tanto lavoro da fare nell’approccio all’infanzia e di conseguenza negli spazi abitativi. I trend emergenti sono quelli della cameretta a misura di bambino e il letto montessoriano, e con la torre di apprendimento si inizia a fare spazio anche in cucina. Per cui penso che molto gradualmente si inizierà a fare spazio in tutta la casa.
Quali sono i principali consigli che offre alle famiglie per massimizzare l’utilizzo degli spazi in casa, tenendo conto delle esigenze dei bambini?
Grandi amici dello spazio sono gli arredi trasformabili ed evolutivi, che per quanto richiedano un investimento più importante hanno una vita molto più lunga. E soprattutto il mio consiglio è quello di privilegiare la qualità alla quantità.
Spostiamo il focus verso il mondo degli e-commerce nel settore arredo casa. Una recente ricerca di mercato ha evidenziato che il settore dell’e-commerce di arredamento ha subito una crescita costante e significativa, con un aumento del 30% delle vendite online nel corso dell’ultimo anno. Il 78% degli acquirenti nel settore dell’architettura di interni ha dichiarato di utilizzare piattaforme digitali come fonte principale per la ricerca e l’acquisto di prodotti. Alla luce di questi dati, come pensa che l’e-commerce influenzi il percorso di progettazione degli spazi del futuro e l’esperienza di acquisto dei clienti? E qual è il suo punto di vista sull’importanza crescente dell’e-commerce nel settore dell’architettura di interni?
L’e-commerce lascia molto più spazio alla proposta del professionista, perché spesso capita che il cliente passeggi negli showroom che effettivamente offrono molte idee, ma sono troppe per chi non sa quale direzione scegliere e creano confusione; mentre l’e-commerce permette di velocizzare i tempi di ricerca, offrendo al progettista la possibilità di affinarla secondo funzioni, misure e materiali che rispettano il progetto nato a misura del cliente.
Viene velocizzata l’elaborazione del progetto generale e la sua realizzazione rendendo tutto a portata di click, dalla fase preliminare a quella della consegna.
Questo offre maggiore unicità e completezza al progetto che può essere pensato e mostrato al cliente tramite intelligenza artificiale (rendering o collage) evitando intere giornate a girare per showroom e altrettante a rimettere insieme i pezzi visti dal vivo.
Grazie per averci concesso il suo tempo. Prima di concludere, qual è la sua visione per il futuro dello studio? Ci sono nuovi obiettivi o sfide che si propone di affrontare nei prossimi anni?
Grazie a voi, è stato un piacere. Sicuramente questo cambio di prospettiva, ottenuto integrando il punto di vista dei bambini, mi ha permesso di capire ancora di più di quanto già non lo sapessi prima, l’importanza dell’aggiornamento e della ricerca continua, quindi sicuramente sto pensando a diversi cambiamenti da qui ad un anno, fra 5 e fra 10. Partendo da collaboratori ma anche pensando ad integrare il mio lavoro con quello di figure complementari al mio lavoro come per esempio pedagogista o puericultrici, così da rinnovare la casa e la famiglia a 360°.