Gli errori del passato, l’Incompiuto Siciliano
A partire dal dopo guerra fino agli anni ’80, l’Italia è stata teatro di un’intensa edificazione di manufatti architettonici e infrastrutture finanziate con i fondi pubblici la cui realizzazione è stata puntualmente interrotta per motivi di natura economica, amministrativa e legale. Questa incessante attività di costruzione ha portato il Paese a barcamenarsi in un inerte stato di incompiutezza, che da quegli anni ha caratterizzato radicalmente i paesaggi italiani che viviamo ogni giorno.
L’Italia, dunque, è sì la nazione che detiene il maggior numero di siti riconosciuti dall’UNESCO (49 in totale), ma è anche una nazione con una consistente percentuale di opere incompiute: stadi, campi sportivi, scuole, centri commerciali progettati, parzialmente realizzati, ma mai portati a termine.
Una nuova chance di Ri-nascita
Oggi si è cercato di ribaltare una situazione di disagio nazionale in un’opportunità culturale che possa conferire a queste rovine archeologiche una ragion d’essere non solo come segno di degrado e decadenza, bensì come opere d’arte.
A provarci è stata l’organizzazione no profit “Incompiuto Siciliano”, fondata nel 2009 dal collettivo artistico Alterazioni Video, dal ricercatore e artista Enrico Sgarbi e dall’avvocato Claudia D’Aita, il cui obiettivo principale è stato quello di “indagare in modo multi-disciplinare le relazioni tra queste opere architettoniche e il contesto nel quale sono inserite, affermandone il loro valore artistico e proponendone una nuova definizione stilistica”. (Manifesto dell’Incompiuto Siciliano, Alterazioni Video)
Che cos’è, dunque, uno stile? Secondo Wu Ming, il collettivo di scrittori che ha partecipato con un breve saggio alla pubblicazione del Manifesto dell’Incompiuto Siciliano, è il “tratto che accomuna e distingue, che identifica e coglie il segno di un’epoca”; la definizione del nuovo stile architettonico, nel caso dell’Incompiuto, permette di fornire un paradigma interpretativo del fenomeno presente sull’intero territorio italiano nella seconda metà degli anni novanta in poi.
Le opere incompiute sono embrioni di rovine prodotte da un tempo compresso, amabili resti carichi di memoria collettiva e architetture che danno forma al paesaggio: esse sono il perfetto riflesso del nostro Paese. Pertanto, attribuire all’Incompiuto un significato artistico e architettonico significa dare a quei luoghi una seconda possibilità e leggerli attraverso una prospettiva diversa che possa riconoscerli come risorse del territorio da valorizzare.
L’eclatante caso di Giarre
Dalla ricerca condotta nel 2008, che consisteva nel mappare tutti gli immobili mai terminati lungo l’intero territorio italiano, le opere incompiute in Italia ammontavano a 395 ruderi, 156 dei quali in Sicilia, da qui il nome dell’associazione, “Incompiuto Siciliano”. Nell’ultimo censimento delle opere incompiute effettuato nel 2016, il numero complessivo è aumentato decisamente, difatti si rilevano 838 manufatti architettonici abbandonati in Italia: nella regione siciliana la gravità della situazione è sempre alta, nonostante il totale sia sceso a 113 (Aggiornamento dell’Anagrafe delle Opere pubbliche Incompiute di interesse nazionale, 01 Luglio 2016, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti).
I riflettori sono stati puntati su Giarre, una cittadina in provincia di Catania che è stata proclamata Capitale dell’Incompiuto, in quanto è in questa località di soli 27.000 abitanti che si riscontra una maggior concentrazione di ruderi: ben nove infrastrutture abbandonate, alcune delle quali quasi surreali per le destinazioni d’uso assegnate come ad esempio il campo da polo, parzialmente realizzato nel 1985.
Alterazioni Video ha sviluppato una concreta proposta, in accordo e con la piena fiducia dell’amministrazione pubblica, presentando il 26 novembre 2007 il progetto della creazione del primo “Parco Archeologico dell’Incompiuto Siciliano” a Giarre, appoggiando la volontà di trasformarlo nei prossimi anni in una Fondazione che sarà anche Osservatorio Nazionale dell’Incompiuto per continuare nella mappatura nazionale.
La creazione del Parco non vuole essere una museificazione delle opere, bensì il risultato di un’operazione di storicizzazione del territorio, il cui fine è quello di raccontare questi luoghi, rivivificare la memoria collettiva di tutti i processi che hanno portato a queste opere, attivare fenomeni di trasformazione del territorio e delle architetture attraverso il loro recupero e riutilizzo. Si vuole fornire, pertanto una prospettiva diversa da cui guardare le incompiute, in modo tale da riqualificare il territorio in modo più costruttivo e consapevole rispetto al difficile passato, caratterizzato dall’incapacità di gestione, e creare un nuovo “sistema” fondato sui resti e sugli sprechi.
Emanuela Borsci