Un coltello che sfrega contro una bottiglia di vetro è il suono più spiacevole per la maggior parte degli esseri umani, secondo quanto riportato sul Journal of Neuroscience dai ricercatori dell’Università di Newcastle e Wellcome Trust Center for Neuroimaging presso la UCL, entrambi in Inghilterra.
Quando sentiamo suoni spiacevoli, la corteccia uditiva e l’amigdala interagiscono più intensamente ed elaborano emozioni negative. L’amigdala è una piccola parte del cervello a forma di mandorla che elabora le nostre emozioni e la nostra aggressività. Controlla anche le risposte alla paura e forma ricordi emotivi.
Gli scienziati hanno usato una tecnica chiamata imaging per vedere cosa succede nel cervello quando siamo esposti a suoni spiacevoli. L’imaging ha mostrato che quando sentiamo qualcosa che non ci piace, l’amigdala diventa molto più attiva. Credono che elabori i dati dal nervo uditivo in modo da provocare una reazione negativa.
Uno degli autori dello studio, il dottor Sukhbinder Kumar, ha dichiarato: “Sembra che ci sia qualcosa di molto primitivo, istintivo, in atto. È un possibile segnale di soccorso dall’amigdala alla corteccia uditiva”.
Gli studiosi dell’Università di Newcastle hanno usato la fMRI (risonanza magnetica funzionale) per scoprire come il cervello di 13 partecipanti rispondesse a una varietà di suoni diversi.
I volontari hanno ascoltato i suoni all’interno dello scanner e li hanno valutati dal più sgradevole al più piacevole (meno spiacevole). Il suono di un coltello che sfregava contro una bottiglia era il suono più odiato, mentre l’acqua gorgogliante veniva giudicata la più piacevole. Gli scienziati hanno studiato le risposte del cervello a ciascun tipo di rumore.
I suoni spiacevoli sono compresi nell’intervallo di frequenza compreso tra 2.000 e 5.000 Hz
Dopo aver analizzato tutti i suoni che i partecipanti hanno gradito e odiato e averli messi in ordine di spiacevolezza, i ricercatori hanno scoperto che i suoni spiacevoli tendono ad essere tra la gamma di frequenza compresa tra circa 2.000 e 5.000 Hz.
Il Dr. Kumar ha dichiarato che “questa è la gamma di frequenza in cui le nostre orecchie sono più sensibili. Sebbene ci sia ancora molto dibattito sul perché le nostre orecchie siano più sensibili in questa gamma, include suoni di urla che troviamo intrinsecamente spiacevoli.”
Se riusciamo a capire meglio cosa sta succedendo nel cervello quando siamo esposti ai suoni, potremmo avere una visione più ampia di ciò che rende alcuni meno tolleranti ai suoni, come nel caso di molte persone con autismo, iperacusia (una riduzione del normale tolleranza per i suoni di tutti i giorni) e misofonia (un odio per il suono).
Gli scienziati sanno da tempo che l’esposizione a lungo termine a determinati suoni può influire sulla nostra salute mentale e fisica. Gli architetti arabi hanno progettato per secoli edifici con fontane e suoni di acqua gorgogliante. Un articolo pubblicato sull’European Heart Journal ha rivelato che l’esposizione a lungo termine al rumore del traffico aumenta il nostro rischio di ictus.
Inolte il prof, Griffiths ha tenuto a ribadire che “Questo lavoro getta nuova luce sull’interazione tra l’amigdala e la corteccia uditiva. Potrebbe essere una nuova strada verso la cura di disturbi emotivi e disturbi come l’acufene e l’emicrania in cui sembra esserci una percezione accresciuta degli aspetti spiacevoli dei suoni.”
Ecco i dieci suoni più spiacevoli secondo lo studio
1. Un coltello che gratta una bottiglia
2. Una forchetta su un bicchiere
3. Il gesso su una lavagna
4. Un righello su una bottiglia
5. Chiodi su una lavagna
6. Grido femminile
7. Smerigliatrice
8. Freno che stride
9. Bambino che piange
10. Trapano elettrico
Pillole di curiosità. Io non lo sapevo e tu?
- Il rumore può interferire con le attività mentali che richiedono molta attenzione, memoria ed abilità nell’affrontare problemi complessi. Può avere anche effetti negativi sull’apprendimento dei bambini.
- C’è un evidenza sempre maggiore che mostra un effetto del rumore sull’insorgenza della cardiopatia ischemica e l’ipertensione.
Riferimenti: Journal of Neuroscience DOI: 10.1523/JNEUROSCI.1759-12.2012
Photo Credit: New Africa – Shutterstock
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