La nostra amata penisola è l’esempio da seguire contro l’inquinamento delle acque.
Il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani, ha dichiarato che “l’Italia è in prima linea tra i Paesi europei nella lotta contro l’inquinamento del mare causato dai rifiuti di plastica”. Queste parole, che riempiono di orgoglio il petto di noi italiani, sono state pronunciate durante PolyTalk a Malta, un convegno dedicato all’impatto ambientale dei materiali plastici, organizzato da PlasticEurope (uno dei più grandi produttori di materie plastiche esistenti).
Ridurre l’inquinamento delle acque entro il 2030
La plastica ad uso quotidiano colma i mari e gli oceani del nostro pianeta con circa 8 milioni di tonnellate di rifiuti ogni anno. Una tragedia vera e propria, che il programma ambientale delle Nazioni Unite tenta di arginare, con il nostro Stivale a muovere i primissimi passi verso questa dura battaglia. Difatti si presume che nel 2050, nei mari e negli oceani, ci saranno più rifiuti plastici che pesci.
L’obiettivo prefissato dalla Commissione Europea nel gennaio 2018 è stato quello di combattere con tutte le forze possibili e necessarie le confezioni usa e getta in plastica, tra cui le bottigliette (attualmente riciclate solo al 30%), con l’obiettivo di riciclo totale entro il 2030. Obiettivo difficilissimo da raggiungere, ancora molto lontano. Sono state attuate campagne di sensibilizzazione verso cittadini e imprese per limitare la produzione, il trasporto e il consumo delle bottigliette di plastica, responsabili di emissioni di anidride carbonica importanti e principale causa dell’inquinamento delle acque. Inoltre le istituzioni europee dovranno formulare nuove regole per quanto riguarda il packaging e rendere i contenitori di plastica più semplici da riciclare e gettare.
Il grande obiettivo di Bruxelles è quello di ridurre i rifiuti sulla terra, nell’aria e nei mari, arrivando a risparmiare anche 100 euro per ogni tonnellata di plastica raccolta.
Pertanto Legambiente, durante PolyTalk, ha espresso vivamente che le normative applicate dall’Italia in tema di inquinamento delle acque siano “replicate e copiate in tutti i Paesi del bacino del Mediterraneo, compresi i Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente“. E’ stata dichiarata guerra all’usa e getta e si combatte a favore di alternative compostabili.
Questo perché oltre alle ormai famose alternative biodegradabili, ovvero tutti quei prodotti che secondo la direttiva europea sono in grado di decomporsi al 90% da soli entro sei mesi, esistono anche prodotti in bioplastica compostabile. Si parla di prodotto compostabile se è in grado di disintegrarsi in tre mesi divenendo compost, un materiale riutilizzabile come concime fertilizzante per i terreni.
Purtroppo la plastica pura non è biodegradabile. Se viene esposta alla luce del sole, è capace di decomporsi in piccoli frammenti, meno visibili delle bottigliette che galleggiano in acqua, ma purtroppo presenti e che rappresentano la causa principale dell’inquinamento dell’acqua. Queste subdole microparticelle di plastica (inferiori ai 5mm) vengono scambiate per cibo e ingerite da tutti gli organismi presenti nelle acque, a partire dai pesci fino ad arrivare a molluschi e crostacei.
Tutto ciò alla fine terminerà nel nostro piatto, con conseguenze ancora oggi sconosciute, per non parlare della sofferenza impartita a chi in quelle acque ci vive e la certa lenta distruzione dell’ecosistema marino.
La plastica è l’elemento meno biodegradabile al mondo, pensiamoci due volte prima di inquinare il nostro pianeta, per noi e per le generazioni future.