Complici anche alcune notizie di gossip politico nel nostro Paese è passata quasi inosservata la notizia della morte di uno scienziato svizzero tra i maggiori esperti mondiali sul climate change, e i cui studi interesseranno tutti noi per intere generazioni.
Il suo nome è Konrad Steffen, ma i suoi colleghi lo chiamavano “koni”, e ha dedicato la vita a studiare i ghiacciai della Groenlandia che stanno diminuendo a causa del riscaldamento globale
È morto l’8 agosto scorso a 68 anni cadendo in un crepaccio della calotta glaciale in Groenlandia. Koni era arrivato qui un paio di giorni prima, a causa della notizia di un crollo dovuto ai profondi crepacci generati dallo scioglimento dei ghiacci. Un incidente che ci riporta in mente Antonio Tonini, un ingegnere ticinese che proprio come Steffen il 25 giugno 1860 precipitò in un crepaccio del Ghiacciaio dell’Agnello in Val di Susa durante una missione per alcuni rilievi topografici.
Our director Konrad Steffen was killed in an accident during field work in Greenland. We are shocked and in thoughts of his family.https://t.co/9xzKWYGQAa pic.twitter.com/omAPzoq0qe
— WSL Umweltforschung (@WSL_research) August 10, 2020
Lo Swiss Camp di Steffen, con le ormai note tende rosse, venne da lui stesso fondato sulla costa occidentale della Groenlandia nel 1990 per la ricerca scientifica sui cambiamenti climatici.
Il professore è stato letteralmente inghiottito dai ghiacci in fusinoe e se ne sono perse le tracce. Suo figlio Simon che era al campo con lui lo ha cercato per giorni, insieme agli altri colleghi. Steffen è stato dichiarato disperso, ma non c’è alcuna possibilià di ritrovarlo vivo.
Lo Swiss Camp rappresenta un punto di riferimento importantissimo anche a motivo dei tanti climatici raccolti dal 1990 ad oggi.
GREENLAND MELTS (NASA + WSL) from Jason van Bruggen on Vimeo.
Nato nel 1952, Konrad Steffen ha concluso la sua preparazione universitaria a Zurigo, diventando in seguito docente di glaciologia e climatologia presso l’Università del Colorado come responsabile di progetti di ricerca nell’artico.
È stato tra i primi ad aver gridato l’allarme del pericolo del global warming ai potenti della Terra. Era noto per le sue ricerche sul ghiaccio marino artico e sui ghiacciai della Groenlandia e per il modo in cui sono influenzati dal riscaldamento globale. Si recava spesso in Groenlandia per studiare in prima persona questi ghiacciai; ad esempio, quando ha studiato il ghiacciaio Petermann per tre settimane nel 2004, Steffen lo ha fatto da un campo situato a 4.000 piedi sui fianchi della calotta glaciale del ghiacciaio. Gestiva anche una rete di 20 stazioni meteorologiche sulla calotta glaciale della Groenlandia, una delle quali era proprio lo Swiss Camp.
La sua scoperta fu che a causa dello scioglimento della calotta glaciale più velocemente del previsto, il livello del mare potrebbe aumentare di poco meno di un metro entro il 2100, considerevolmente più alto del limite superiore dell’IPCC di 59 centimetri.
La sua morte è un duro colpo per la ricerca sui cambiamenti climatici. Un esploratore che ha dedicato e donato la sua vita proprio per lo studio di un processo inesorabile che, volenti o nolenti, interesserà le future generazioni, generando intere estinzioni animali, e mettendo a dura prova la stessa vita del genere umano.
Pillole di curiosità. Io non lo sapevo e tu?
- I ghiacci della Groenlandia stanno fondendo più velocemente di quanto previsto. Se dovessero scomparire il livello dei mari si innalzerebbe di oltre 7 metri. A rilevarlo è uno studio della National Academy of Sciences (Pnas). In Italia, Venezia e Ravenna sarebbero sommerse. Come anche Amsterdam e Rotterdam e, in Gran Bretagna, le acque andrebbero a lambire la città di Oxford.
- Con il progetto Flood Maps, combinando i dati della Nasa alla cartografia di Google Maps, si possono simulare gli effetti sul nostro Pianeta in caso di innalzamento del livello dei mari.
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