Vestire in modo consapevole, è indubbiamente la strada migliore per diventare consumatori responsabili. Moda etica e moda ecosostenibile sono due dei principali argomenti che negli ultimi anni interessano sempre più aziende e consumatori convinti che il rispetto per l’ambiente e per la salute passa anche dagli abiti.
La moda è la seconda industria più inquinante al mondo e i produttori ne hanno preso consapevolezza. Nel settore Design&Development è aumentato l’impegno delle aziende per quanto riguarda l’attenzione all’impatto socio-ambientale. Questo dato è emerso anche nel report “Pulse of the Fashion Industry 2018” redatto da Global Fashion Agenda e Boston Consulting Group.
Nel settore della moda i problemi principali in fase di progettazione e produzione di prodotti green derivano da una parte dalla mancanza di consapevolezza, che porta a non occuparsi di sostenibilità fin dalla fase embrionale dello sviluppo di nuovi prodotti, dall’altra dalla carenza di strumenti specifici per valutare l’impatto sull’ambiente di materiali, colori e tecniche di stampa.
Da uno studio McKinsey emerge però che la moda ecosostenibile è uno dei 10 megatrends del settore moda per i prossimi dieci anni. Ma anche che “oltre il 65% dei consumatori nei mercati emergenti, Cina e India in primis, e il 32% dei consumatori in Europa e Stati Uniti, fanno ricerca attiva prima dei loro acquisti e sono interessati alla moda sostenibile”. Sempre secondo lo studio, circa il 20% di loro, potrebbe tradurre questo interesse in decisione di acquisto, facendo della sostenibilità uno dei criteri usati per scegliere cosa comprare e quanto sono disposti a pagare.
RISCHI PER L’AMBIENTE E PER LA SALUTE
Per produrre un solo paio di jeans si utilizzano circa 9500 litri d’acqua. Per ottenere la colorazione tipica di questo capo il tessuto viene immerso in 15 diverse vasche, a questo va aggiunto che per la produzione sono necessari grandi quantità di additivi chimici e che si producono acque di scarto contaminate. Se calcoliamo che ogni anno nel mondo vengono prodotti 2 miliardi di jeans possiamo avere un’idea delle conseguenze.
Nel documentario River Blue, presentato al Fashion Film Festival Milano e diretto da David McIlvride si racconta di come la produzione tessile, tra cui quella di denim, lascia una scia di distruzione che colpisce i fiumi e la salute umana.
Già nel 2011 Greenpeace iniziò la sua battaglia per una moda ecosostenibile e contro le pratiche impattanti del settore tessile e dell’abbigliamento con l’iniziativa “Panni Sporchi”, quando scoprì che nelle acque reflue delle fabbriche in Cina c’era alta presenza di alcune sostanze tossiche particolarmente nocive per l’ambiente e le persone. Queste tutte sostanze non biodegradabili che vanno ad accumularsi nelle acque reflue quando laviamo i nostri panni, provocando un danno ambientale notevole.
Oltre al rischio ambientale, un rischio che può interessarci più da vicino è il bioaccumulo, ovvero quel processo attraverso il quale queste sostanze dannose si agglomerano sulla pelle causando l’insorgere di gravi patologie. A livello europeo esiste una legislazione che limita rigidamente l’uso di queste sostanze potenzialmente cancerogene o che comunque agiscono sul sistema ormonale modificandolo geneticamente.
Fibre tessili ecologiche, naturali e innovative
Come abbiamo visto l’industria della moda gioca un ruolo molto importante a livello ambientale, non solo a causa dell’elevato consumo di acqua, ma anche perché incide per circa un decimo sul totale delle emissioni di gas serra presenti nell’atmosfera.
A supporto di questa filosofia della moda ecosostenibile bisogna vestire consapevolmente, questo significa conoscere la provenienza di quello che indossiamo e dei materiali di cui sono fatti i nostri abiti. Leggere le etichette diventa indispensabile.
Brand e Moda Ecosostenibile
Moltissime aziende hanno ormai abbracciato questa filosofia legata alla moda ecosostenibile, tra questi anche molti brand Italiani ma anche internazionali, emergenti o già affermati, e brand dello sportswear. Tra i nomi più conosciuti troviamo Benetton, Zara, H&M, Nike, Puma, Mango, Levi’s, Adidas, Valentino e il distretto tessile di Prato. Tutti questi brand stanno intraprendendo un percorso aziendale volto alla sostenibilità.
Nike ha investito nella tecnologia, sviluppando un’app, MAKING, dedicata ai designer. L’obiettivo è quello di rendere più facile la progettazione tenendo conto del costo dei vari materiali in termini di uso di acqua, sostanze chimiche, energia e spreco.
Adidas è tra i fondatori di Parley for the Oceans, una rete dedicata a progetti per la salvaguardia degli oceani. Da qui è nata una gamma di materiali innovativi ed ecologici creati a partire dal riciclo di rifiuti plastici con la quale sono state prodotte le UltraBOOST.
Zara, ha investito in formazione aderendo a un programma della Global Fashion Agenda per l’economia circolare nel sistema moda e impegnandosi a istruire entro il 2020 tutti i propri progettisti sui principi del design circolare.
Per la sua collezione Wellthread Levi’s ha scelto di cambiare approccio manageriale impostando la produzione sull’idea di fare la cosa più giusta per il pianeta ad ogni passaggio della filiera. Creando così una linea di prodotti che è riuscita da una parte a ridurre i propri prezzi del 30% di anno in anno e dall’altra a risparmiare il 50% di acqua in fase di finitura e del 65% in fase di tintura avvalendosi del Levi’s Water<Less Process.
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