Immaginiamo di essere in visita in qualche storica città europea. Con il nostro bagaglio minimale raggiungiamo l’ hotel. Forse è un’occasione speciale, o forse ci piace solo trattarci bene, e per il nostro soggiorno abbiamo deciso di concederci una sistemazione di buon livello.
Entrati nella hall percepiamo subito un’atmosfera rassicurante ma ricercata, distinta ma intrigante. Stanchi del viaggio, decidiamo di accomodarci per non attendere in piedi il nostro turno alla reception. Quando ci sediamo su uno dei divani della zona lounge proviamo una gradevole sensazione.
Ci sentiamo molto comodi, avvolti dalla seduta quanto basta senza sprofondarci dentro. Nonostante il comfort però, notiamo che seduti su quel canapè siamo naturalmente portati ad assumere una posizione assertiva, informale e disinvolta ma sicura. Avvertiamo quasi una leggera sensazione aristocratica.
Merito della struttura alberghiera, forse ospitata da un antico palazzo nobiliare?
Merito della città, umanista come tutte le città europee? O merito solo del fatto che siamo finalmente in vacanza?
Probabilmente è merito del fatto che siamo seduti su un divano Chesterfield.
Come nasce un’icona: le origini del divano Chesterfield
Definire il Chesterfield, Chester per gli amici, un divano “tradizionale” non gli renderebbe giustizia. Per quanto ci si sforzi di dargli un significato più filosofico infatti, questo termine porta sempre con se un non so che di polveroso, di inutilmente austero e di conservativo.
Il divano Chesterfield invece si può annoverare tra quei pochi oggetti che, grazie alla perfetta forma compositiva e ad una inimitabile personalità (non credete che gli oggetti possiedano una propria personalità? Vi sbagliate) si collocano in una dimensione a-temporale ed esprimono un carattere che non è banalmente riconducibile ai giochetti dicotomici di vecchio/nuovo, formale/informale, austero/disinvolto.
Inoltre definire il divano Chesterfield “tradizionale” non renderebbe giustizia alle sue origini altamente innovative. È lo stesso Chester a dichiarare con il suo nome la propria paternità. Questo sofà prende infatti il nome dal proprio ideatore, Lord Philip Dormer Stanhope, quarto Conte di Chesterfield.
Pare proprio che il conte, noto politico e personaggio culturale di spicco nella Londra di metà ‘700, abbia commissionato il primo divano Chesterfield, che chiaramente venne identificato con questo nome solo in seguito, ad un artigiano londinese.
Lord Stanhope desiderava un divano accogliente, ad uso di servizio più che di rappresentanza, che a differenza degli angusti divanetti settecenteschi, permettesse di rilassarsi e magari distendersi per brevi sonnellini, senza però sgualcire gli abiti ben stirati.
Coricandosi a letto infatti, gli abiti si sarebbero spiegazzati e, una volta alzati, non si sarebbe stati subito pronti a ricevere ospiti.
Il Conte prese così ispirazione dai sedili delle carrozze, già pensati per unire un certo comfort alla praticità del cuoio ben conciato, e descrisse con dovizia di particolari all’artigiano lo speciale sofà che aveva in mente.
Doveva essere una avvolgente alcova cubica, con dei braccioli che permettessero di distendere le braccia in posizione perpendicolare al corpo e doveva chiaramente essere di pelle bovina, resistente e con ottime qualità igieniche.
Vide così la luce questo nuovo sofà. Lord Stanhope era un estimato trendsetter, noto per avere l’occhio attento alle tendenze più attuali del Continente, così il suo divano Chesterfield divenne in breve tempo un must dell’aristocrazia inglese e riscosse tanto successo che, secondo quanto riportato dall’ Oxford English Dictionary, nell’800 il sostantivo “chesterfield” era già utilizzato in Inghilterra per identificare il divano in pelle.
Il divano Chesterfield: un esempio di arte manifatturiera
L’elemento senza dubbio più distintivo del divano Chesterfield è la lavorazione capitonnè. Tutt’altro che semplice vezzo decorativo, questo tipo di impuntura ha una importantissima funzione meccanica.
La lavorazione capitonnè, così chiamata da “capiton”, il tipo di filo utilizzato per la trapuntatura, aveva, e ha tutt’oggi, la funzione di distribuire correttamente l’imbottitura ed evitare accumuli dovuti agli spostamenti del corpo sulla superficie imbottita. La lavorazione poi, può essere declinata in forma quadrata o romboidale e completata dai caratteristici bottoni.
Nel caso del divano Chesterfield, il fissaggio della pelle con la tecnica capitonnè è funzionale all’assorbimento e alla diffusione ottimale delle sollecitazioni derivanti dall’uso, riducendo moltissimo l’usura della pelle stessa.
Le prestazioni tecniche e funzionali di questo sofà diventarono ancora più performanti quando, nel 1866 l’azienda Howard&Sons brevettò il sistema del “Sedile elastico” che rivoluzionò le tecniche di lavorazione interna della tappezzeria tradizionale e rese le sedute capitonnè ancora più comode.
Un fascino radicato in un simbolo ancestrale
C’è un non so che di assertivo, di autorevole e di energico in un divano Chesterfield. Sedendovi avrete subito la sensazione di “avere una marcia in più”.
Beh, osservando meglio il blocco frontale di questo modello di canapè, potrete cogliere un singolare dettaglio, forse ottenuto involontariamente.
I braccioli ricurvi, specialmente nelle poltrone a pozzetto, evocano con forza la forma di un ariete in posizione di carica. Un dettaglio questo, che non sfuggi ai vezzi araldici dei nobili inglesi.
Vezzo o no, questa particolare forma del bracciolo conferisce spessore e potenza iconografica totemica a questo arredo, apprezzato dunque dalle forti e ricercate personalità.
Concludendo quindi, possiamo dire che per molte ragioni acquistare un divano Chesterfield, specialmente se vintage, d’antiquariato o artigianale, non significa semplicemente comprare un oggetto di arredamento, ma piuttosto scegliere una vera e propria opera d’arte, con una forte anima, energica e versatile anche in questo nostro mondo contemporaneo.