Sono affamato di tutto ciò che è bellezza, conoscenza, cultura ed elevazione.
Così Francesco Zavattari si racconta ad Habitante. Un interessante incontro quello con Francesco, artista affamato di bellezza e conoscenza.
Salve Francesco. Sul suo sito abbiamo letto una biografia interessante che sintetizza le sue attività (davvero molte) che vanno dalla pittura, alle installazioni, ai progetti educativi (masterclass e workshop), regie teatrali e fotografia. Ci racconti meglio chi è Francesco Zavattari: dov’è nato, gli anni della sua formazione, le sue esperienze professionali.
“Salve Antonella, e grazie per questa intervista. Se dovessi descrivere me stesso dall’esterno direi che Francesco Zavattari è una persona affamata, insaziabile e curiosa. Sono affamato di tutto ciò che è bellezza, conoscenza, cultura ed elevazione. Mi sento insaziabile poiché niente di ciò che faccio, per quanto importante possa essere, sarà mai sufficiente a non farmi desiderare di fare altrettanto e meglio ancora l’indomani. Curioso, infine, lo sono dalla nascita: voglio conoscere quanto più possibile, fare mio tutto ciò che la mia mente può arrivare a capire e processare. Ciò, però, è sempre finalizzato alla condivisione con gli altri, le mie persone e il mio pubblico, cui sento il dovere di restituire qualcosa di tutto questo enorme bagaglio di vita che in modo volitivo cerco di arricchire ogni giorno. Sono nato a Lucca dove ho frequentato il Liceo Artistico, poi la Facoltà di Lettere a Pisa e successivamente il mondo attraverso il mio Studio Matitanera.”
Ci parli di Conversazioni disegnate (siamo nel 2003), da dove nasce? Si può definire il suo primo successo?
“All’epoca ero sempre uno studente del Liceo Artistico di Lucca e un giorno, durante un’autogestione, mi trovavo con altri compagni in un’aula di disegno. Avevo un 50×70 bianco sul tavolo e un po’ di fusaggine. C’era un ragazzo di nome Ruggero che stava parlando e io, semplicemente, iniziai a disegnare ciò che diceva. Così nacque Ruggero, la prima opera della mia prima serie ufficiale e la prima opera da professionista della mia carriera (che ancora oggi è parte della mia collezione privata).
Conversazioni è stata senz’altro il mio primo successo non solo perché fu subito esposta in una galleria professionistica, ma perché fu il primo esempio di un concept ampio e articolato di cui le opere erano solo l’espressione ultima. Questo è esattamente ciò che caratterizza anche oggi il mio lavoro: è importante ciò che viene mostrato come risultato finale delle mie creazioni, ma ancor più importante è la base di studio concettuale che ne sostiene la struttura. Conversazioni mi fece capire quale fosse il modo giusto di lavorare.”
Nel 2014, ormai nel pieno della sua carriera artistica, inizia una ricerca sull’uso del colore in contesti artistici e professionali attraverso lo studio di centinaia di opere d’arte di epoche differenti. A cosa porta questo studio e questa personale ed interessante ricerca?
“Ha portato il mio lavoro a un livello di controllo e, credo di poter dire, di elevatezza tecnica e concettuale, che non avrei potuto raggiungere senza padroneggiare determinate nozioni sul colore. Di artisti ce ne sono milioni, l’unica cosa che può rendermi unico è tutto il (gigantesco) impegno che ruota tutto intorno alle mie creazioni. In tanti sono in grado di realizzare qualcosa di bello, ma pochissimi sanno esattamente come farlo. Ciò che fa la differenza è la conoscenza e io ho ancora tantissimo da imparare e ho bisogno di farlo per saziare una fame che si rinnova giorno per giorno rendendomi costantemente inappagato. Questo mi spinge continuamente a cercare di colmare un gap che, un po’ come nel concetto dell’utopia secondo Galeano, se faccio un passo in avanti verso la sua soluzione, quello si sposta di due costringendomi a fare di più e fare meglio. Ho sempre amato e cercato di capire il colore, ma il cambio di passo è avvenuto, appunto, nel 2014 a Madrid dove, con un apposito accredito del Ministero della Cultura spagnolo, ho avuto modo di analizzare moltissime opere esposte nei tre principali musei cittadini, Prado, Reina Sofia e Thyssen Bornemisza. Da questo complessissimo studio è nato il progetto Invelight (oggi una parte fondamentale del mio lavoro) e in particolare una prima tavolozza cromatica chiamata, non a caso, Masterpieces. Oggi Invelight fornisce servizi di consulenza in ambito cromatico per grandi aziende, ma è anche alla base del mio format comunicativo Color State of Mind, attraverso il quale ho la fortuna di poter raccontare in tutto il mondo, a molte diverse platee, la bellezza del colore e la sua quotidiana applicazione nella nostra vita.”
Quali sono i successi artistici a cui è maggiormente legato e perché.
“Davvero difficile rispondere perché, grazie a Dio, sono stati moltissimi. Ogni cosa fatta, nella mia carriera, è stata in qualche modo speciale. Ci sono stati traguardi, molti anni fa, che oggi sono praticamente all’ordine del giorno, ma che in quel momento hanno rappresentato un grandissimo stimolo a far meglio e di più. Proprio in funzione di come prima ho descritto me stesso, il rischio più grande è quello di non dare il giusto peso e valore alle moltissime soddisfazioni che negli ultimi anni si stanno quotidianamente accumulando. Nel tempo, ho seminato tanto. Tantissimo. Spesso con grande fatica. Adesso, ogni giorno, sboccia uno di quei semi in modo travolgente e spesso inaspettato. Il modo migliore che ho per dar valore a tutto questo è condividerlo con le persone: prima con le mie, il mio staff, i miei splendidi collaboratori, poi con tutti coloro che seguono quotidianamente la mia attività fino a nuove persone che si aggiungono di giorno in giorno.
Vuole che le faccia un esempio su tutti? Il 10 giugno 2017, durante il vernissage di Congetture Isomorfe, la mia prima serie che Cromology Italia ha prodotto, una collaboratrice venne a dirmi che alcune opere venivano letteralmente schiacciate data la troppa quantità di persone presenti in quel momento nel Museo degli Strumenti per il Calcolo di Pisa. Io risposi di non fare assolutamente niente perché, qualsiasi cosa fosse capitata, avrebbe impresso sulle opere quel momento bellissimo per sempre. Potrei altrimenti raccontarti di quando, durante un’altra inaugurazione a Fuelgueiras in Portogallo, a una personale curata da Cláudia Almeida, parteciparono oltre 200 persone: migliaia di chilometri da casa e così tanta gente a partecipare. Magnifico.”
Quando esordisce alla regia teatrale e soprattutto perché decide di arricchirsi di questa ulteriore nuova esperienza?
“Avevo avuto negli anni varie collaborazioni in ambito teatrale in relazione al mio lavoro, ma la prima esperienza alla regia è avvenuta nel 2018 al Teatro Verdi di Pisa dove, con la bravissima coreografa Annalisa Ciuti e il suo Studio Danza, abbiamo portato in scena una trasposizione di Universo Instabile, una delle mie serie di maggior successo.
La stessa cosa è avvenuta l’anno successivo con Poliedro. Danza. Ora. quando ho avuto anche l’onore di ricevere un contributo del mio caro amico Sandro Lombardi, uno dei massimi attori teatrali italiani che ha registrato con la sua voce il testo guida del manifesto concettuale dell’installazione Poliedro, poi applicato anche allo spettacolo stesso. C’erano (e ci sono) in cantiere altri progetti in tal senso poi momentaneamente messi in pause a causa del Covid, ma sarà un interessante sviluppo del mio lavoro nei prossimi anni.”
La fine del 2018 e l’inizio del 2019 sono fondamentali per la sua carriera grazie al lancio di Luce-19. Di cosa si tratta e come nasce la sua collaborazione con il Centro di Eccellenza del Colore di Cromology Italia, azienda leader nel settore delle vernici? Cosè Cromology Italian tour?
“Wow! Domanda da un milione di dollari. Il filo conduttore che lega tutto ciò che mi chiede è una visione unica e innovativa in ambito aziendale come quella espressa da Cromology Italia. Luce-19 ha segnato l’inizio di un processo condiviso fra me e il Color Design Center diretto in particolare da Leonardo Pelagatti: un percorso di fine ricerca e sviluppo in ambito cromatico approcciato dalla mia posizione di artista e comunicatore e, al contempo, da quella estremamente tecnica e raffinata di Cromology stessa. Venendo invece al Cromology Italian tour, posso dirle, prima di tutto, che le sto rispondendo dal bel mezzo della sua quarta edizione: è una girandola caleidoscopica di chilometri, regioni, città, negozi e, soprattutto, tantissime persone. Persone a colori, infatti, è il nome del calendario che, da quattro anni, Cromology realizza e che vede protagonisti alcuni dei suoi moltissimi rivenditori sparsi un po’ in tutto il Paese.
Il mio lavoro, in questo caso, è quello di rendere in modo allegorico ciò che l’azienda fa ogni giorno, ovvero raggiungere con il proprio colore ogni angolo d’Italia e così faccio io: raggiungo centinaia di persone che vado a fotografare individualmente e in gruppo insieme a coloro con cui condividono ogni giorno la vita professionale e non solo. Ma accade molto di più: condividono con me le proprie storie di vita, le proprie famiglie, le proprie imprese. Tutto ciò arricchisce me come individuo e come professionista e connota, soprattutto, Cromology come una realtà unica nel proprio settore e non solo.”
Cosa ama dei prodotti Viero Paints?
“Tutto. Se Baldini Vernici è stato il mio primo grande amore in termini di prodotto molti anni fa, Viero rappresenta oggi la mia più forte e raffinata ambizione di sviluppo tecnico del mio lavoro pittorico. Da un punto di vista tecnico, la gamma Viero, con particolare riferimento ai suoi ottimi decorativi, mi fornisce la possibilità di indagare, scomporre e giocare con la materia in modo estremamente elevato. Dall’idea all’applicazione su tela/parete o qualsiasi altra superficie attraverso le mie dita, il tempo è, nella mia opera, un fattore determinante. I prodotti che utilizzo devono avere la facoltà di sostenere il ritmo della mia visione affinché il risultato restituito al pubblico possa essere esattamente quello concepito nella mia mente. Viero fa questo e qualcosa in più: con la chimica dei suoi prodotti, applicata al mio concetto e alla mia gestualità, nasce un connubio simile a una danza in cui al mio movimento corrisponde una risposta da parte del prodotto stesso in grado di esaltarmi ed esaltarsi nella propria essenza. Il mio interesse è quindi quello di ridurre quanto più possibile il gap fra processo creativo e processo applicativo, in un modus ispirante da condividere con moltissime persone che possano desiderare di prendere spunto dalle mie creazioni per arricchire le pareti delle proprie case. Questo può avvenire in tutto il mondo, dagli Stati Uniti all’Europa, dal Medio Oriente alla Cina, dove, ad esempio, una grande azienda cliente di Cromology quale VeryLux ha anche recentemente espresso estremo apprezzamento nei confronti del mio lavoro, definendomi in una pubblicazione un artista pioniere europeo. Viero è il brand maggiormente rivolto all’estero e io ho la grande fortuna di collaborare con una divisione export straordinaria gestita da persone le cui idee e capacità sono più simili a quelle di coloro che gestiscono grandi musei internazionali piuttosto che comuni uffici export aziendali: eccellenza e qualità. Non potremmo lavorare diversamente a certi livelli.”
Lazienda Cromology sostiene la sua attività sin dai tempi di “Congetture Isomorfe”. Mi conferma?
“Quello con Cromology è, fin dall’inizio, un rapporto eccezionale. Ho avuto la fortuna durante la mia carriera di lavorare con molte aziende italiane ed estere, alcune delle quali molto importanti, ma con questa realtà c’è un legame unico dovuto sostanzialmente a due fattori.
Prima di tutto il mio amore per i prodotti dei loro brand è nato ben prima che la nostra collaborazione diventasse ufficiale, ben prima, a dire il vero, anche dell’inizio professionistico della mia carriera stessa. Già da bambino utilizzavo prodotti Baldini Vernici, MaxMeyer e non solo. Lo stesso ho fatto per anni da studente del Liceo quando mi veniva richiesto di utilizzare prodotti solitamente più vicini all’ambito artistico. Ecco, chi ha seguito le regole oggi, per lo più, fa tutt’altro tipo di lavoro, mentre mie opere ufficiali realizzate con quei prodotti sono presenti, letteralmente, in ogni continente, così come pareti, elementi e complementi di ogni genere che io possa aver realizzato. Direi che alla fine la scelta di fare un po’ di testa mia ha pagato. Quando, passando di fronte all’azienda in autostrada vedevo quella grande insegna nera, bianca e arancio (peraltro la stessa tricromia presente anche nel logo del mio studio) per me era un’emozione dato che solitamente la abbinavo alla partenza per bellissimi viaggi con i miei genitori. Un’emozione simile la provo sempre anche oggi, pensando che ho il privilegio di firmare opere e progetti con quei marchi storici che porto con me in tutto il mondo.
Il secondo motivo che rende tanto speciale il nostro sodalizio è però quello più importante: le persone. Cromology mi ha accolto come in famiglia e ormai ho amici veri e importanti a tutti i livelli aziendali, dai ragazzi della produzione fino a coloro che sono ogni giorno sul campo per diffondere i prodotti, passando naturalmente per il management con cui ho un ottimo rapporto di collaborazione. Io sono un semplice artigiano del colore, ma tutti loro, per me, ne sono i veri e propri Maestri. Se solo le persone avessero percezione di cosa c’è dentro ad ogni latta, si renderebbero conto di un intero mondo davvero affascinante. Ecco, questo storytelling è qualcosa che spero, attraverso il mio lavoro, di poter contribuire a diffondere sempre meglio perché è qualcosa che merita di essere conosciuto. Con il CEO Massimiliano Bianchi in particolare condivido una visione umanistica del fare impresa sempre rivolta al porre, appunto, le persone, al centro del progetto. Oltre al comune amore per il colore, questo è ciò che lega così fortemente i nostri rispettivi intenti professionali.”
Verso la fine del 2019 viene lanciata la seconda Emozione Cromatica dell’anno in collaborazione con Cromology, Essenza-20. Ce ne parli.
“Dal 2019 l’azienda ha deciso di esordire con l’ambizioso concept di cui abbiamo già parlato prima e che ho l’onore di firmare. L’idea sostanziale non è quella di limitarci a suggerire un semplice colore”, ma un intero concetto applicativo che possa aiutare il pubblico a far proprie determinate cromie, prima di tutto portandole nelle proprie case. In questo modo le persone non sono più semplici fruitori, ma arrivano a far parte di un processo ben più interessante e condiviso a partire dal rivenditore sul campo. Come per ogni altra idea, è stato ed è un crescendo.
Luce-19 ha segnato l’inizio di un percorso, Essenza-20 la sua evoluzione (siamo passati da un singolo tono a una tavolozza tricroma). Ciò che stiamo preparando per il 2021, però, rappresenta una vera e propria svolta pratica e concettuale. Questo 2020 è stato un anno delicato da vari punti di vista, così abbiamo lavorato per creare qualcosa che possa davvero aiutare e guidare le persone verso una scelta cromatica estremamente raffinata e finalizzata alla diffusione di bellezza e benessere di cui il colore è (secondo me e secondo noi) un potentissimo veicolo.”
Il lavoro di diffusione delle sue attività è capillare e variegato dal punto di vista dei canali coinvolti. Facebook, Instagram e il suo stesso sito. Ce ne parli.
“Con il mio team poniamo sempre grande attenzione alla divulgazione di tutto ciò che faccio e facciamo: il mio lavoro acquisisce valore nel momento in cui raggiunge più persone possibile. In questi anni lo ha fatto innanzitutto attraverso oltre quattrocento pubblicazioni per cui devo ringraziare tantissime testate nazionali e internazionali, critici e giornalisti che, esattamente come tu stai facendo in questo momento, hanno deciso di dar voce alla mia attività; oltre a loro, il grande merito è stato di Silvia Cosentino che, dal 2011, ha dato vita, e dirige a tutt’ora, il mio ufficio stampa.
Stiamo sempre più ponendo attenzione ai nostri canali diretti web e social: da alcune settimane è in corso il restyling completo del mio sito web, che verrà sviluppato in doppia lingua; abbiamo un ottimo seguito su Facebook con cinquemila fan reali e organici da tutto il mondo che crescono ogni giorno e che, soprattutto, partecipano in modo molto reattivo alle attività della pagina; abbiamo inizialmente trascurato Instagram su cui però, visto il grande potenziale, specialmente applicato a chi come me lavora in immagine e comunicazione, stiamo adesso iniziando a investire nel modo giusto anche grazie ad Andrea De Pascalis, il nuovo, giovane e talentuoso social manager di Studio Matitanera. La prospettiva è dunque quella di vedere numeri in forte crescita da qui a un anno.”
Mi conferma luscita di una sua nuova serie, questa volta fotografica, My Art is Female – Still life? Ci racconti di cosa si tratta.
“Esatto, sarà un crogiuolo di elementi che amo e che caratterizzano la mia vita: la fotografia, i viaggi, i rapporti internazionali, i fili di lana, le connessioni che rappresentano, i fiori e, soprattutto, più di ogni altra cosa, le donne. Dopo aver realizzato una serie pittorica nel 2015 e aver disegnato sul corpo di molte donne attraverso la Skin Edition ancora in corso, My Art is Female, curata da Cláudia Almeida, diventa oggi un progetto fotografico realizzato dalle donne e per le donne. Ad eccezione di me stesso, tutte le altre (circa venti persone) sono infatti donne provenienti da numerosi paesi: dal Galles agli Stati Uniti, dal Regno Unito all’Olanda e poi Portogallo, Italia e altri. Ognuna di loro scriverà un testo relativo a cosa significhi essere donna che verrà abbinato a uno dei miei scatti di composizioni floreali realizzate ad hoc dalla flower designer Sabrina Barsanti e da me fotografati in set finemente allestiti con la collaborazione della mia assistente Letizia Girolami. Terminata la serie, questa verrà sia pubblicata in digitale sia, come ogni altra mia, esposta in numerosi contesti nel mondo così da continuare a fare ciò che è in mio potere per sensibilizzare le persone contro la disgustosa piaga della violenza sulle donne. Parlarne. Quello è il primo vaccino per tentare di annientare progressivamente questo virus.”
Quali sono i suoi progetti per il futuro?
“Se li elencassi tutti, questa intervista diventerebbe una collana da pubblicare a più riprese. Riassumo dicendole che tutto ciò già in corso verrà incrementato, diffuso ulteriormente e migliorato in ogni sua forma. A tutto questo si aggiungerà una maggiore attenzione e un più forte investimento in ambito di interior design. Sto sempre più frequentemente avendo la possibilità di firmare luoghi pubblici e privati dove le persone possano vivere e condividere momenti della propria esistenza circondati da quello che è per me un concetto di bellezza e piacere. Questo genere di possibilità rappresenta un potenziale visionario che ho sempre più voglia di esprimere: sarà così già a partire da una serie di numerosi progetti attualmente in cantiere in diversi paesi. Vorrei infine poterle dire che un mio progetto per il futuro sarebbe portare la durata media del mio sonno a cinque ore per notte, ma, pur investendo quotidianamente in progetti ai limiti dell’utopia, questo supera di gran lunga ogni ambizione applicativa!”
“La ringrazio molto, Antonella, per la sua attenzione e per il lavoro di ricerca preventiva che ha compiuto circa la mia attività per arrivare a questa intervista.”
Ringraziamo Francesco per la sua disponibilità e gentilezza.