Dannati Architetti è un podcast nato nel 2020, durante la pandemia, dall’idea della giovane architetta Maria Chiara Virgili. L’obiettivo era quello di creare un luogo di ascolto dedicato interamente alla storia dell’architettura e ai suoi più grandi personaggi. Ecco l’intervista completa.
Un Podcast dedicato alla storia dell’architettura: intervista a Maria Chiara Virgili, ideatrice di Dannati architetti
Maria Chiara Virgili è una libera professionista specializzata in content e copy writing per l’architettura e il design. Dopo aver iniziato il suo percorso nel settore dell’architettura, Maria Chiara ha deciso di fondere il suo interesse per quest’ultimo con la grande passione per la scrittura, che la accompagna fin da piccola. Ecco l’intervista completa a Maria Chiara Virgili, sulla sua storia e sulla nascita del podcast Dannati Architetti.
Giovane architetta e specializzata in content e copywriting per l’architettura e il design, Maria Chiara Virgili è riuscita a fondere perfettamente le sue due passioni più grandi: l’architettura e la scrittura. Desidera presentarsi e raccontare il suo percorso professionale?
Il mio percorso è un po’ articolato. Mi presento come ‘architetta di formazione’ perché ho esercitato la professione solo agli esordi, prima di scegliere di specializzarmi in una nicchia che con il cantiere aveva poco a che fare. Per un decennio mi sono infatti occupata di comunicazione visiva del progetto (modellazione, rendering e animazioni) ricoprendo ruoli specifici anche presso studi internazionali tra Roma e Milano. Con l’arrivo della pandemia, nel 2020, ho tuttavia sentito l’esigenza di cambiare rotta, di compiere quasi un passo indietro in questa fase di transizione della mia carriera professionale. Desideravo tornare ad una comunicazione più semplice, priva di immagini e composta soltanto da testo e voce.
Inizialmente ho intrapreso questa strada senza alcun obiettivo specifico, semplicemente sperimentando; poi, con il tempo, è nato il progetto Dannati Architetti. Questo podcast mi ha permesso di entrare in contatto con il mondo editoriale e di iniziare a svolgere quello che è il mio mestiere oggi, ossia scrivere di architettura e per chi fa architettura, dedicandomi quindi anche alla narrazione corporate. Di fatto, non ho mai abbandonato la comunicazione, e nemmeno l’architettura.
Nella sua idea di architettura, quanto reputa importante il rapporto con la tradizione e la storia?
Il rapporto dell’architettura con la storia e la tradizione mi affascina particolarmente. Basti pensare che il podcast è incentrato sulla vita e le opere delle figure più celebri dell’architettura, con puntate biografiche dedicate, in prevalenza, a personaggi “d’epoca”. Eppure, il mio legame con la storia è sempre presente non solo nel podcast ma, in generale, nel mio modo di raccontare l’architettura anche in altri contesti. Per esempio, negli articoli, cerco quasi sempre di riportare il lettore anche alle radici di ciò che racconto, così da permettergli di comprendere come saranno presente e futuro, e soprattutto, da dove provengono.
L’interesse per la scrittura e per la parola l’hanno sempre accompagnata fin da piccola o, invece, sono nate con il tempo?
L’interesse per la scrittura e per la parola lo sento mio da sempre. Ricordo che, alle elementari, durante l’orario pomeridiano di educazione artistica, la maestra ci faceva scegliere tra disegnare e scrivere e io optavo quasi sempre per la seconda opzione. Stranamente, all’università, scelsi di intraprendere gli studi in architettura, per cui la scrittura è a lungo rimasta una sorta di hobby: per diletto personale raccontavo il mio mondo e quello che mi capitava in un diario.
La passione per l’architettura e per la scrittura hanno portato alla nascita di “Instant Architettura Contemporanea”. Desidera parlarci un po’ del suo libro?
Instant Architettura Contemporanea è un libro di storia dell’architettura che si rivolge ad un pubblico di addetti e non. Racconta opere, movimenti e le parabole di vita delle figure più importanti in una chiave assolutamente accessibile, partendo dalla rivoluzione industriale sino ad arrivare ai giorni nostri. Il testo è edito da Gribaudo che nella collana Instant propone svariati volumi dedicati a singole materie, caratterizzati da una scrittura chiara e semplice, e da un numero di pagine contenuto.
Com’è nata l’idea di Dannati Architetti? Di cosa tratta nello specifico?
Dannati architetti nasce in pandemia in modo del tutto casuale, e in un momento in cui stavo vivendo una sorta di senso di smarrimento rispetto alla mia identità personale e professionale. Il desiderio era quello di sfruttare il podcast, media ancora non molto conosciuto e popolare in Italia, per raccontare qualcosa che generalmente non si presta ad una narrazione esclusivamente audio. Nessuno ci aveva ancora provato e mi affascinava l’idea, sicuramente sfidante ma anche paradossale, di divulgare la storia dell’architettura attraverso la voce e senza alcuna fotografia o video a corredo. E così, man mano, sono nate queste puntate biografiche in cui ripercorro la vita dei singoli professionisti “tra grandiosi progetti, geniali follie, gossip e curiosità”.
Il podcast “Dannati Architetti” ha avuto un riscontro positivo da parte del pubblico fin da subito?
Quando ho iniziato con Dannati Architetti i podcast non erano ancora conosciutissimi e, ancora oggi, non hanno superato in termini di utenti e ascolti altre piattaforme più note come YouTube. Di conseguenza, comprendere l’andamento del progetto, solo attraverso i numeri e senza un modello di paragone, è abbastanza complicato. Per quanto riguarda Dannati Architetti posso affermare, tuttavia, che il feedback sia stato molto positivo sin da subito: raddoppiò i download di un’altra serie podcast, di tutt’altro genere e che avevo online da diverso tempo, nel giro di un paio di mesi, e in un anno raggiunse i centomila mila play (non un numero altissimo ma comunque un traguardo significativo per un podcast di nicchia).
Lei è solita definirsi come “architetta di carta”: cosa significa?
‘Architetta di carta’ è una provocazione, un gioco di parole (utilizzo oltretutto un femminile professionale, e già questo è un tema che solitamente alimenta discussioni); fa riferimento all’appellativo che storicamente, quasi per tradizione, viene affibbiato a chi non costruisce per davvero, a chi lascia i suoi progetti su carta. In qualche modo mi sento chiamata in causa, perché non svolgo la professione nel senso più tradizionale del termine. Definirmi così è dunque un modo per dissacrare un’etichetta dall’accezione palesemente negativa, e trovarle un significato diverso attraverso la metafora. Il mio lavoro è scrivere di architettura e la carta per me non è solo un supporto, ma un materiale da costruzione; scrivere è inoltre un’attività creativa e, sotto certi aspetti, anche una forma di progettazione. Per questo amo dire “predico ma non pratico, costruisco con le parole”.
Desidera lasciare un consiglio ai lettori di Habitante appassionati di architettura?
Il consiglio che desidero lasciare ai lettori di Habitante è quello di dedicarsi alla lettura: dai libri di architettura e design di nuova uscita, alla riscoperta di volumi più datati e iconici che sicuramente conservano nelle loro librerie. Suggerisco ovviamente l’ascolto di audiolibri e podcast di nicchia, ma anche di attualità; credo siano ottimi mezzi per facilitare l’apprendimento e allenare anche il proprio pensiero critico.
Habitante ringrazia l’architetta Maria Chiara Virgili per la sua disponibilità.