Quando un arredamento è sostenibile?

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Sostenibilità in ogni campo e in ogni dove. Questa è la parola chiave del momento. Anche nell’arredamento è bene scegliere mobili sostenibili. Attraverso i materiali impiegati e il loro trattamento, l’artigianalità o produzione in serie e la durabilità, vediamo quando un arredamento è sostenibile.

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Arredamento sostenibile: cos’è e come riconoscerlo

La parola sostenibile, è diventata un aggettivo abusato e decontestualizzato per alcune aziende e strategie di marketing, che tendono ad aumentare le vendite. Difatti è nato un fenomeno definito appunto greenwashing. La definizione di sostenibile arriva direttamente dalla Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo dell’ONU (Organizzazione Nazioni Unite, 1987): “sostenibile è ciò che soddisfa le necessità delle attuali generazioni senza compromettere la capacità delle future di soddisfare le proprie”.

Quindi, per sapere davvero quando un arredamento è sostenibile, ci sono dei riferimenti e delle informazioni imprescindibili che ci aiutano nella scelta.

I materiali impiegati

Sappiamo che naturale è meglio. Quindi tutti i materiali  (e tessuti) impiegati per la creazione di un arredo, dovranno essere naturali e non di origine sintetica. Quindi sì a legno e stoffe naturali, contro i materiali sintetici.

Oggigiorno la sperimentazione e la ricerca nel campo sono aumentate e si creano materiali più green, estratti dalle fibre biodegradabili o da scarti. Sicuramente, anche in natura, esistono una moltitudine di materiali di origine naturale e a bassissimo impatto ambientale, come la canapa, il cotone biologico, il lino, il bambù, ecc. Quindi, sono da evitare i materiali plastici o derivati; almeno che questi non siano riciclati.

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Quando un arredamento è sostenibile? – Di Nicholas Ahonen shutterstock

Provenienza dei materiali e il loro “trattamento”

Partendo dal presupposto che è difficile reperire la provenienza dei prodotti d’arredamento (e non solo) in quanto i materiali assemblati potrebbero derivare da Paesi differenti, non è possibile reperire ogni singolo centro di origine dei diversi materiali.

Inoltre vale sempre la regola dei prodotti locali: più i mobili vengono realizzati vicino a noi, minore sarà l’impatto ambientale. Sicuramente, i prodotti importati dagli Stati Uniti o dall’Asia avranno un’impronta ecologica maggiore, dovuta allo stoccaggio e al trasporto e non potranno definirsi ‘sostenibili’.

Infine, è bene informarsi su come vengono trattati i materiali impiegati per la creazione degli arredi. Questo vale per il procedimento e l’iter di realizzazione del mobile o del complemento d’arredo. Dall’impiego dei materiali, appunto, alla lavorazione con i prodotti per la loro riuscita. Devono essere certificati e atossici, ovviamente ma, in generale, bisognerebbe conoscere l’azienda e il suo metodo di fabbricazione.

Non solo la produzione, anche la manodopera rientra nel processo per un arredamento sostenibile. Infatti, lo sfruttamento dei popoli del terzo mondo, sottopagati e costretti ad orari disumani, non rende il prodotto finale sostenibile. Proprio per niente. E lo stesso vale per gli operai di un’azienda produttrice: servono orari, condizioni e salari dignitosi e consoni alle circostanze. Questo in tutti i campi: arredamento, alimentare e tessile.

La qualità dell’artigianato

Il dilemma del mercato. I pezzi di artigianato sono sicuramente migliori. Più dettagliati, personalizzati, unici e di alta qualità. Questo comporta tempi di attesa più lunghi e una spesa d’acquisto elevata. Dall’altro lato abbiamo la produzione in serie, o industriale, che sforna pezzi d’arredamento in maniera più veloce e soprattutto economica rispetto all’handmade.

I primi saranno sicuramente più durevoli e resistenti nel tempo. Sia per la qualità delle materie prime che della lavorazione. Per contro, i mobili industriali, andranno cambiati di frequente e non personalizzano i contesti abitativi, anche se più economici.

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Più tempo dura e più è sostenibile

La durabilità è un fattore chiave per poter definire un prodotto come arredamento sostenibile. Come si sente spesso: “una volta le cose rotte si aggiustavano. Oggi si buttano e se ne comprano di nuove”.

La durabilità è legata al metodo di produzione, come accennato poc’anzi. Meglio investire qualche soldo in più per un prodotto artigianale, durevole e particolare che avrà un ciclo di vita nettamente più lungo rispetto ad un prodotto industriale realizzato in serie, anche se a basso costo, destinato ad essere sostituito in poco tempo a causa dell’usura o della rottura.

Anche in questi casi si può sempre optare per il recycling o per l’upcycling degli oggetti di arredo che non servono più o che sono rovinati. Un’ottima soluzione per evitare lo spreco e l’inquinamento ambientale.

Certificazioni

Per essere davvero sicuri di acquistare dei prodotti sostenibili, controllare le certificazioni, ove presenti, in modo da non sbagliare. Fra le più importanti troviamo:

  • GOTS (Global Organic Textile Standard): per i tessuti realizzati con fibre ecologiche. È la certificazione più diffusa e conosciuta a livello mondiale.
  • EU-ECOLABEL: certifica l’eccellenza ambientale di tutti i prodotti che rispettano gli standard definiti durante tutto il processo. Dall’estrazione delle materie prime fino allo smaltimento scarti. Nato nel 1992, promuove l’economia circolare.
  • FSC e PEFC: queste due certificazioni si riferiscono al legno, o meglio, garantiscono che la provenienza del legno impiegato nella produzione derivi da foreste certificate.
  • OE 100 standard: questo marchio apposto sui capi in cotone, garantisce e conferma che le loro fibre derivano al 100% da coltivazioni biologiche.
  • GREENGUARD: nato nel 2011, Stati Uniti, non è un’associazione a scopo di lucro. È indipendente e certifica che i materiali ed il relativo prodotto per gli ambienti indoor, rientrino in determinati parametri per non considerarsi dannosi per la salute. È de facto, una vera e propria certificazione del prodotto finito.

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Pillole di curiosità – Io non lo sapevo. E tu?

  • Il 91% degli italiani ritiene necessario limitare il consumo di plastica per imballaggi e pack a favore di materiali biodegradabili. E il 90% della popolazione ritiene che le aziende stesse si debbano attivare nella produzione di packaging e imballaggi ecocompatibili.
  • Un’azienda è ritenuta sostenibile se: usa responsabilmente le risorse (61%); è attenta ai diritti dei lavoratori (32%); controlla la filiera (30%); dà informazioni trasparenti su prodotti e servizi (26%).
  • Nel settore alimentare sostenibile, si stima che il 21% degli italiani consuma alimenti bio, mentre il 44% è disposto a spendere qualche euro in più per il biologico. In Italia, sono circa 2 milioni gli ettari a coltivazione biologica. Per ogni ettaro bio si risparmia il 58% delle emissioni di CO2; per ogni chilogrammo di raccolto, il 60%.

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