Quando si parla di cambiamento climatico è del suo impatto a livello globale spesso sfugge l’enormità della problematica. Questo difatti impatta inevitabilmente su tutto ciò che ci circonda. Non fa eccezione il mondo marino. In particolare focalizziamo la nostra attenzione sull’ambito riguardante l’acquacoltura. Con questo termine si intende quella pratica volta all’allevamento di organismi acquatici in ambienti circoscritti e completamente controllati dall’uomo. Si tratta principalmente di pesci, crostacei e molluschi, ma anche della produzione di alghe.
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Acquacoltura, che impatto ha il cambiamento climatico?
Hanno risposto a questa domanda i ricercatori dell’Università canadese della Columbia britannica in collaborazione con l’Università di Berna (Svizzera). In buona sostanza questo studio ha dimostrato che l’innalzamento progressivo delle temperature delle acque porterebbe a una ingente perdita in termini di produttività dell’acquacoltura. Degno di nota è il fatto che di tutto il pesce che viene mangiato al mondo, più della metà proviene dall’allevamento e non dal mare.
Quello scoperto dagli studiosi sembrerebbe uno scenario catastrofico ma per fortuna esiste una variabile in grado di invertire tale epilogo, ovvero la riduzione delle emissioni. Se si adottano pratiche produttive pratiche produttive sostenibili i prodotti dell’acquacoltura non subirebbero alcun calo anzi se ne avrebbe un buon incremento. Vediamo nel dettaglio la ricerca e i numeri ottenuti degli scienziati.
Ridurre le emissioni per garantire la produttività dell’acquacoltura
Lo studio sopracitato è stato pubblicato nella prima metà del mese di dicembre 2021 sulla rivista Global Change Biology. I ricercatori hanno studiato le trasformazioni a cui potrebbe andare incontro l’industria dell’acquacoltura nei prossimi anni se non vengono effettuate modifiche al settore in termini di emissioni e sostenibilità. Il settore oggetto dello studio è stato scelto poiché ad oggi questo fornisce oltre la metà del pesce consumato nel mondo, l’altra metà proviene dalla classica pratica della pesca.
Gli studiosi hanno analizzato i dati di circa il 70% della produzione marina del 2015 stimando che se non si lavorerà al fine di mitigare il riscaldamento globale, il risultato sarà un decremento della produzione. Nel dettaglio entro il 2090 la quantità di prodotti da acquacoltura marina, come il salmone e i molluschi, potrebbero diminuire del 16%. Se invece, al contrario, si inizierà ad adottare provvedimenti efficaci per contenere il rialzo termico, si potrebbe avere una crescita del 17% verso metà secolo e del 33% alla fine dello stesso. Lo studio ha anche ipotizzato quali potrebbero essere le aree più colpite dal mantenimento delle alte emissioni. Si tratterebbe di Cina, Bangladesh, Norvegia, Paesi Bassi e Myanmar. In queste zone si stima che la produzione potrebbe crollare dal 40 al 90%.
La ricerca ha dimostrato che riducendo le emissioni e adottando mangimi di origine vegetale la produzione complessiva potrebbe aumentare del 25% entro il 2050 e del 31% entro il 2090. Invece non apportata alcuna modifica, ovvero mantenendo la situazione come quella attuale, gli stessi valori scenderebbero. In definitiva lo studio dimostra come adottare processi volti alla sostenibilità permette di trarre vantaggi nell’acquacoltura e non solo. Quindi molto dipenderà dalle scelte prese nei prossimi anni.
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Pillole di curiosità – Io non lo sapevo. E tu?
- In Italia oltre il 40% degli alimenti ittici che vengono prodotti sono in realtà “coltivati”, ovvero sono il prodotto dell’acquacoltura.
- Attualmente nel nostro paese sono presenti più di 800 impianti che producono 140mila tonnellate l’anno di pesce. La produzione italiana prevede la coltivazione di circa 30 tipi di pesce, molluschi e crostacei ma il 97% dei prodotti sono: trote, spigole, orate, mitili e vongole veraci. Nonostante ciò però si stima che l’80% del pesce che gli italiani mangiano viene importato dall’estero.
- Nel 2016, la produzione mondiale di pesce allevato ha raggiunto la quota di 80 milioni di tonnellate. Ha fornito quindi il 53% del pesce consumato in tutto il pianeta.
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