Carenza di vitamina D fattore di rischio per infezione da Coronavirus?

Carenza di vitamina D fattore di rischio per infezione da coronavirus?|vitamina D

Alcune ore fa ci è pervenuto un comunicato dall’Università degli Studi di Torino che indicherebbe un ruolo preventivo e terapeutico della vitamina D nella gestione della pandemia da COVID-19.

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I Professori  Giancarlo Isaia ed Enzo Medico dell’Università di Torino hanno ipotizzato una  correlazione tra carenza di Vitamina D e patologie gravi   legate al Coronavirus.
Gli  anziani sono tra l’altro proprio quelli più colpiti da carenza di Vitamina  D e dunque dalle infezioni.

Lo studio si basa sulla medicina delle prove di efficacia, nota anche come medicina basata sulle evidenze (EBM, Evidence-based medicine), un metodo clinico ideato per il trasferimento delle conoscenze derivanti dalle ricerche scientifiche alla cura dei singoli pazienti.

La presentazione clinica ed epidemiologica della pandemia da Coronavirus è certamente molto anomala e, alla ricerca di possibili concause o di specifici fattori di rischio, il Prof. Giancarlo Isaia, Docente di Geriatria e Presidente dell’Accademia di Medicina di Torino, e il Prof. Enzo Medico, Professore Ordinario di Istologia all’Università di Torino, anche a seguito delle recentissime raccomandazioni della British Dietetic Association, hanno approfondito il ruolo che potrebbe svolgere la carenza di Vitamina D, che in Italia interessa una vasta fetta della popolazione, soprattutto anziana.

Il 50% dei bambini italiani soffre di carenza di vitamina D. Il 70% di neonati e adolescenti ha lo stesso problema. Anche gli over 60 italiani spesso non ne hanno abbastanza: lo dimostra un’indagine dell’Osservatorio Nutrizionale Grana Padano in collaborazione con l’Associazione Brain and Malnutrition Onlus.

Sono emersi alcuni dati che, sintetizzati in un documento, già sottoposto ai Soci dell’Accademia di Medicina di Torino, sono stati giudicati molto interessanti.

L’insorgenza di un focolaio in Piemonte in un convento di suore di clausura, popolazione a più elevato rischio di Ipovitaminosi D, costituisce un altro elemento suggestivo sul possibile ruolo protettivo della Vitamina D sulle infezioni virali.

In esso gli Autori suggeriscono ai medici, in associazione alle ben note misure di prevenzione di ordine generale, di assicurare adeguati livelli di Vitamina D nella popolazione, ma soprattutto nei soggetti già contagiati, nei loro congiunti, nel personale sanitario, negli anziani fragili, negli ospiti delle residenze assistenziali, nelle persone in regime di clausura e in tutti coloro che per vari motivi non si espongono adeguatamente alla luce solare. Inoltre, potrebbe anche essere considerata la somministrazione della forma attiva della Vitamina D, il Calcitriolo, per via endovenosa nei pazienti affetti da COVID- 19 e con funzionalità respiratoria particolarmente compromessa.

L’Italia è uno dei Paesi Europei (insieme a Spagna e Grecia) con maggiore prevalenza di ipovitaminosi D

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Fonti di Vitamina D 

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Attenzione. Secondo  la British Dietetic Association è il Sole e non il cibo la fonte  primaria di vitamina D nel nostro  organismo

Il tempo di esposizione dipende dalla stagione e dalla percentuale di pelle esposta. Da aprile a luglio, con il 25% del corpo esposto, bastano appena 10 minuti di esposizione al Sole. Ma dipende anche dalle ore della giornata. Il sole delle 10 del mattino è talmente debole che in un’ora di esposizione si produce un decimo della vitamina D giornaliera, mentre alle ore 16 se ne produce quasi un sesto.  Fonte

vitamina D

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Le seguenti indicazioni derivano da numerose evidenze scientifiche che hanno mostrato:

a)  Un ruolo attivo della Vitamina D sulla modulazione del sistema immune
b)  La frequente associazione dell’Ipovitaminosi D con numerose patologie croniche che possono ridurre l’aspettativa di vita nelle persone anziane, tanto più in caso di infezione da COVID-19.
c)  Un effetto della Vitamina D nella riduzione del rischio di infezioni respiratorie di origine virale, incluse quelle da coronavirus.
d)  La capacità della vitamina D di contrastare il danno polmonare da iperinfiammazione.

Inoltre, i primi dati preliminari raccolti in questi giorni a Torino indicano che i Pazienti ricoverati per COVID-19 presentano una elevatissima prevalenza di Ipovitaminosi D.

  • Il compenso di questa diffusa carenza vitaminica può essere raggiunto innanzitutto esponendosi alla luce solare per quanto possibile, anche su balconi e terrazzi, alimentandosi con cibi ricchi di vitamina D e, sotto controllo medico, assumendo specifici preparati farmaceutici.

Foto di copertina di cattalin da Pixabay


Per approfondire


Pillole di curiosità. Io non lo sapevo, e tu? 

  • La vitamina in realtà è un ormone, classificata come ormone calciotropo, perché la sua funzione fisiologica è quella di permettere l’assorbimento intestinale di calcio e fosfato.
  • Il fabbisogno giornaliero di vitamina D per un adulto è di circa 15 microgrammi. I fumatori, le persone che passano poco tempo all´aperto e le donne che assumono la pillola anticoncezionale ne hanno una maggiore necessità
  • Attenzione a non esagerare: dosi molto elevate di vitamina  D potrebbero causare un’intossicazione.
  • In Italia è stato dimostrato che il 76% delle donne anziane presentano marcate carenza di vitamina D, senza peraltro significative differenze regionali.
  • L’Italia è uno dei Paesi Europei (insieme a Spagna e Grecia) con maggiore prevalenza di ipovitaminosi D. Nel Nord Europa la prevalenza è minore per l’antica consuetudine di addizionare cibi di largo consumo (latte, formaggio, yoghurt ecc.) con Vitamina D (www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/10197176).

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