Azienda agricola Saba: un pecorino anti-colesterolo che ha il sapore della tradizione

Azienda agricola Saba formaggio pecorino|Azienda agricola Saba formaggio pecorino

Da anni l’azienda agricola Saba svolge attività di allevamento ovino per la produzione di latte e formaggi legati al territorio.

Abbiamo chiesto alla titolare Angela Saba di raccontarci le qualità del suo pecorino, un formaggio speciale che fa bene al cuore, e qualche parere sulla percezione odierna di questo prodotto tipico della tradizione italiana.

L’export dei formaggi italiani si conferma un trend

La vostra azienda si fonda sul benessere animale. Cosa significa per voi e come ha visto l’evoluzione di questo concetto nel corso degli anni dell’attività?

“Il benessere animale è il cardine della nostra attività. Lavoriamo stagionalmente proprio nel rispetto dei tempi naturali degli animali. Le nostre pecore e capre sono libere, abbiamo solo un ricovero per la notte e per la mungitura e come riparo per i mesi troppo freddi e caldi. Anche le gravidanze non sono stabilite o forzate con un solo parto l’anno. Il nostro è un mondo che ruota attorno alla biodiversità e nel tempo abbiamo messo a punto pascoli estremamente naturali perché un animale trattato bene, oltre che per una questione etica e di rispetto, produce anche un latte migliore”.

Cosa può dirci della collaborazione che avete avviato con la facoltà di agraria dell’Università di Pisa?

“Vengo io stessa dal campo universitario e ho studiato agraria proprio in questa università. Finiti gli studi mi è stato chiesto di collaborare a una sperimentazione volta a creare un prodotto del tutto naturale basato sull’alimentazione degli animali per produrre un pecorino che non facesse alzare il colesterolo cattivo. L’esperimento è durato un po’ di mesi e ha dato risultati eccezionali perché prati, pascoli e leguminose di un certo tipo e i semi di lino hanno permesso di avere un prodotto con un carico di acidi grassi polinsaturi molto elevato. Il prodotto risultante è stato testato nelle cliniche”.

Cosa ne pensa in generale del rapporto tra università e aziende italiane?

“I punti di forza della collaborazione di una piccola azienda con un’università, è che il proprio lavoro può a volte essere trasferito a realtà più grandi. L’università allontana dagli stereotipi di un lavoro antico, ma ci dev’essere umiltà da entrambe le parti per collaborare: l’accademia non deve avere la presunzione di porsi al di sopra, deve solo dare consigli e far conoscere le nuove frontiere della ricerca e i pastori che, da parte loro, devono mettere da parte l’orgoglio”.

Azienda agricola Saba formaggio pecorino
Foto di Angela Saba

Lino e Omega3 sembrano essere gli elementi chiave dietro al successo del suo pecorino. Cos’altro lo rende speciale?

“Lavoriamo a latte crudo in modo da conservare le qualità nutrizionali del latte anche nei formaggi, senza alcun trattamento a livello termico. Lino e Omega3 sono prodotti ricchi di acidi grassi poliensaturi che fanno bene. Gli animali assumendoli, li trasmettono al proprio latte e, utilizzandolo crudo, li ritroviamo nei formaggi. Fungono da bilancere poiché abbassano il colesterolo cattivo ma alzano invece quello buono.

Dal 2016, il nostro pecorino inoltre è un presidio Slowfood, di cui sono presidente, trattato con latte di Maremma. Questo riconoscimento non riguarda solo il prodotto ma anche la lavorazione, una trasformazione effettuata senza l’utilizzo di prodotti di sintesi o esterni. Una battaglia importante che sosteniamo è infatti quella contro i batteri chimici fatti in laboratorio, che allontanano il prodotto dal territorio. Un prodotto non dev’essere riproducibile ovunque, deve avere le sue caratteristiche vicine alla tipicità del proprio territorio. Come dico sempre, le persone, mentre assaggiano i miei formaggi, stanno pascolando con il mio gregge”.

In uno scenario pre Covid-19, l’istituto Ismea ha stilato un report sul mercato dei formaggi di pecora. Nel report emerge un dato interessante legato agli abitanti: l’acquisto di produzioni ovicaprine coinvolge principalmente gli abitanti di famiglie con un responsabile degli acquisti di età superiore a 55 anni. Secondo lei perché? Concorda sul dato?

“Sono d’accordo perché i prodotti ovicaprini attirano persone più grandi che lo sentono come parte del loro vissuto. Questo prodotto faceva parte di una realtà meno abbiente nella quale molte persone si trovavano a vivere tempo fa. Trovo però che negli ultimi anni ci sia una controtendenza con un vero e proprio ritorno a prodotti naturali a scapito dei prodotti industriali e pastorizzati dei supermercati, nonostante le strategie della GDO. C’è più ricerca di contenuto anche da parte di gente più giovane e appartenente a realtà apparentemente distanti da quelle rurali”.

Dallo stesso report emerge come per gli italiani il pecorino sia uno dei simboli per eccellenza della nostra tradizione. Qual è la sua opinione a riguardo?

“Anche qui sono d’accordo. È lo specchio della tradizione italiana rivisitato regione per regione. La produzione casearia, insieme a quella dei vini, caratterizza la nostra tradizione, anche se sarebbe opportuno che questi prodotti venissero trattati sempre artigianalmente.

Purtroppo negli anni il pecorino è stato un po’ bisfrattato perché la tendenza dei piccoli artigiani è quella di produre dei prodotti simili all’industria. Quando le persone che lavorano direttamente il latte dei propri animali hanno la tendenza a pastorizzare, è perché il mercato e lo stesso consumatore lo richiedono perché vogliono ciò a cui sono abituati. Il nostro prodotto non è termizzato o pastorizzato”.

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Pillole di curiosità. Io non lo sapevo e tu?
  • Chi attiva processi di pastorizzazione non elimina solo i batteri ma anche proprietà nutrizionali e organolettiche. L’industria lo deve fare perché raccoglie molto latte ovunque. Un artigiano invece non ne ha bisogno.

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