Si dice che l’Italia sia il paese più bello del mondo, tra le sue tradizioni, paesaggi, reperti storici e meravigliose città che fanno sognare tutto il globo. Possiamo dire grazie a quelle pratiche conservate nella tradizione, che abbiamo ora la fortuna di vedere i risultati di quei tempi ancora oggi in molte campagne italiane. I muri a secco in pietra e le tecniche di realizzazione fanno parte di questo antico e prezioso bagaglio.
I muri a secco in pietra: le tecniche
L’Italia è uno tra i pochi paesi che è stato in grado di conservare le tradizioni che l’hanno fatta crescere e diventare ciò che è ora. Il cittadino Italiano non si è adattato solo alle tecniche moderne, che arrivano dai giorni nostri, ma ha riutilizzato anche quelle che hanno messo le basi a questo bellissimo paese molti anni prima. Un luogo fatto di storia che si tramanda di generazione in generazione. Vediamo ora quali sono le tecniche basilari per costruire in maniera adatta un muretto a secco:
- Disporre le pietre una sull’altra, questo primo passaggio ne assicura la stabilità di cui ha necessita, senza passare all’utilizzo di leganti, come malta oppure di cemento.
- Scavare una trincea, facendo così si crea una base, che deve essere costruita a secco con le pietre.
- La posa delle primissime pietre viene fatta rigorosamente su uno strato di terreno, il quale deve essere solido e compatto.
- Utilizzare la mazzetta, questo passaggio serve a regolarizzare le pietre. Solitamente nella parte più basse vengono disposte quelle più grandi e quelle più piccole nelle parti alte.
I muri a secco: patrimonio tutto italiano
Con patrimonio s’intende proprio nel vero senso della parola, i muri a secco sono un argomento di dibattito tra i componenti del FAI, il fondo per l’ambiente italiano, il quale si occupa di proteggere la bellezza dell’Italia. Ogni regione italiana sta combattendo per salvaguardare questa risorsa, infatti i muri a secco li possiamo trovare per esempio partendo dalla bella Liguria. Qui, sono chiamati “Maixes”, e sono proprio patrimonio dell’UNESCO, la sua conformazione in questo tipo di regione, è chiaramente legata all’identità in cui si trova. Tra gli ulivi, le viti, nella bella costa di Levante. Ma non solo, perché i muretti a secco sono anche in Sardegna, con conformità differenti e utilizzati per ragioni agro-pastorali. Infine nella bella Puglia, in cui vediamo parecchi muri a secco, qui vengono utilizzati per delimitare vigneti, oppure uliveti lungo strade di campagna, ma non solo, perché sono utilizzati anche per delimitare ville di lusso. Insomma i muri a secco sono qualcosa di speciale, un qualcosa che sa di tradizione, conservazione, rispetto e autenticità.
La mano invisibile che riporta in vita i trulli tra natura e architettura
Pillole di curiosità Io non lo sapevo. E tu?
- Un’indagine condotta dall’Università di Padova rileva che, in Italia, esistono 173.000 km di muri a secco.
- I trulli, come siamo abituati a vederli oggi, sono l’evoluzione di costruzioni a secco che iniziarono a svilupparsi nel XIV secolo. Le costruzioni a cono pugliese, costruite senza malta dai coloni al fine di eludere le leggi e i tributi emanati dagli Angioini sui nuovi insediamenti, sfruttando l’abbondanza di calcare della zona. Alberobello, città dei trulli, nacque nel XVII secolo e ottenne il nome di città regia dal re Ferdinando IV di Borbone.
- Esistono tre tipi fondamentali di roccia: ignea, sedimentaria e metamorfica. Estremamente comuni nella crosta terrestre, le rocce ignee sono vulcaniche e si formano da materiale fuso. Includono non solo la lava emessa dai vulcani, ma anche rocce come il granito, formate da magma che si solidifica molto nel sottosuolo.
TI È PIACIUTO LARTICOLO? ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER GRATUITA
Per altre curiosità e informazioni sugli abitanti continuate a seguirci su www.habitante.it