Brexit no deal: ne avrete di certo sentito parlare negli ultimi giorni. Di cosa si tratta? Da molti considerato il peggior scenario possibile della Brexit, è il caso in cui il Regno Unito esca dall’Unione Europea senza prima aver raggiunto un accordo con essa entro il 31 marzo 2019.
Sebbene considerata una circostanza improbabile, il previdente governo britannico ha reso pubbliche delle linee guida su come prepararsi nel caso non si arrivi a un patto con l’UE. Una delle conseguenze più immediate riguarderebbe il commercio. Fuori dal mercato unico europeo, il Regno Unito si troverebbe difatti costretto a sbrigare gravose pratiche burocratiche, che renderebbero difficoltoso l’import / export.
A tal proposito, il governo consiglia alle aziende di ingaggiare professionisti specializzati. Cosa facile per le grandi imprese, molto meno per le piccole e medie , in cui si inserisce anche l’industria della progettazione. Questa è, tra l’altro, solo una delle difficoltà a cui andrebbe incontro questo settore se si verificasse lo scenario no deal.
In questo contesto, la Creative Industries Federation, l’organizzazione nazionale per tutte le industrie creative del Regno Unito, ha pubblicato una guida rivolta proprio alle imprese creative. Sei pagine di istruzioni in materia di finanziamenti, proprietà intellettuale, visti e trasferimento di dati e alcuni suggerimenti per affrontare al meglio questa effettiva possibilità.
Le industrie creative sono un motore non indifferente per l’economia del Regno Unito. Leggiamo su Dezeen che nel 2016, il settore ha contribuito con 91,8 miliardi di sterline di valore aggiunto lordo, superando i settori automobilistico, aerospaziale e petrolifero. Nella guida, la Federazione ricorda che le industrie creative perderebbero l’accesso ai finanziamenti europei e, probabilmente, anche a quelle private, dal momento che il Regno Unito risulterebbe poco attraente per gli investitori.
Al di là dei dati economici, l‘industria del design è nota per la sua natura globale e diversificata. Perciò, la Brexit minerebbe proprio alle fondamenta ideologiche sulle quali si regge l’intero settore. Secondo la Federazione, una delle sfide più grandi del settore creativo è quella di preservare i talenti e i freni imposti dall’immigrazione porterebbero a limitazioni in tal senso. Basti ricordare che nel 2016, il 25 per cento degli architetti non era cittadino dell’Unione europea, così come il 30% delle persone che lavoravano nel settore degli effetti visivi.
Sempre nella guida, la Federazione avverte che le imprese del Regno Unito dovranno affrontare restrizioni e costi notevoli per introdurre talenti europei. Non solo, ci sarà anche una minore flessibilità nell’assumere freelance se il Regno Unito lascerà l’UE senza un patto.
Come la guida, ci piace concludere ricordando che, anche se una Brexit no deal è una possibilità crescente, rimane comunque altamente improbabile in quanto non sarebbe vantaggioso per nessuna delle parti in gioco.
Staremo a vedere.
Ada Maria De Angelis