Negli ultimi anni è ben nota la presenza di particelle plastiche nell’ambiente, in oceani, mari, fiumi, laghi a qualsiasi latitudine e longitudine. Studi successivi ne hanno rinvenuta anche nella neve, in molluschi e pesci, sull’Himalaya, nel sale da cucina e nelle falde acquifere sotterranee. Ma uno studio scientifico italiano, per la prima volta al mondo, ha rinvenuto concentrazioni di microplastiche anche in alimenti di origine vegetale. Questa scoperta fa comprendere come la plastica sia presente davvero ovunque, non solo negli oggetti che usiamo ogni giorno ma anche in quello che mangiamo.
Presenza di microplastiche in frutta e verdura: lo studio
Lo studio, pubblicato sulla rivista di settore Environmental Research e condotto dai ricercatori dell’Università di Catania, ha permesso di dimostrare che in alcuni dei vegetali che mangiamo giornalmente sono presenti concentrazioni non indifferenti di microplastiche. Per rappresentare la verdura e la frutta che la popolazione generale consuma quotidianamente, gli studiosi hanno acquistato i vegetali da analizzari dai mercati rionali del catanese. Lo studio ha quindi valutato la presenza di particelle plastiche in mele, pere, patate, carote, lattuga e broccoli. Ciò che è risultato è stato che in particolare, le mele e le carote erano i campioni più contaminati.
I dati mostrano una contaminazione con dimensioni medie delle particelle che vanno da 1,51 a 2,52 micron e un range quantitativo medio da 223mila a 97.800 particelle per grammo di vegetale rispettivamente in frutta e verdura. La ricerca dimostra, quindi, che l’impatto dei rifiuti plastici presenti nei mari e nei corsi d’acqua, sugli habitat naturali e sulla fauna selvatica rappresenta un problema emergente di livello globale.
In pratica le sostanze plastiche, una volta degradate dal terreno, vengono assorbite dalle piante degli ortaggi, entrano così a far parte della porzione edibile di frutta e verdura e in questo modo vengono ingerite dalle persone. Ad oggi i potenziali rischi delle microplastiche sull’organismo umano non sono ancora noti.
Cosa sono le microplastiche
Con il termine microplastica ci si riferisce a piccolissime particelle di materiale plastico. Hanno generalmente una dimensione inferiore al millimetro. Ci sono poi le nanoplastiche che sono ancora più piccole. Il problema sostanziale risiede nel fatto che la plastica è un materiale a “lunghissima conservazione”, questo implica che esso non scompare mai, bensì si frammenta in pezzi via via più piccoli.
Esistono due distinte tipologie di microplastica: quella primaria che costituisce il risultato diretto dell’uso umano di questi materiali e quella secondaria che, invece, rappresenta il risultato della frammentazione di rifiuti plastici di più grandi porzioni. Tali rifiuti derivano da diverse fonti: per esempio dai prodotti cosmetici, da quelli per l’igiene personale e per la casa, e anche dai materiali edili, derivati delle industrie e dell’agricoltura. Entrambe le tipologie di microplastiche si trovano nell’ambiente in grandi quantità, e in modo particolare persistono negli ecosistemi marini e acquatici.
La plastica quando finisce in acqua si “sbriciola” in frammenti per diversi motivi: dall’effetto dei raggi ultravioletti al vento, dalle onde ai microbi e alle alte temperature. Oggi però gli studi più recenti stanno dimostrando che quello delle microplastiche è un fenomeno non più circoscritto alle sole acque del pianeta ma è un qualcosa che interessa e minaccia l’ambiente nella sua totalità.
Il materiale a base vegetale per sostituire la plastica monouso
Pillole di curiosità – Io non lo sapevo. E tu?
- Secondo i dati riportati dal WWF oggi vengono prodotte 396 milioni di tonnellate di plastica all’anno, ovvero 53 kg per ogni abitante del Pianeta. Solo poco più del 20% di questa viene riciclata o incenerita, ma molta finisce in mare. Difatti, ad oggi, nei mari sono presenti oltre 150 milioni di tonnellate di plastica.
- Il Mar Mediterraneo è un bacino quasi chiuso dove le correnti fanno tornare sulle coste l’80% dei rifiuti di plastica gettati. Questo fa sì che per ogni chilometro di litorale se ne accumulano oltre 5 kg al giorno. Nonostante questo mare costituisca soltanto l’1% delle acque mondiali contiene ben il 7% della microplastica marina.
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