Quando si va in pensione in Italia?

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Quando si va in pensione in Italia? La risposta è dipende. Mancano quasi due anni alla fine della sperimentazione di Quota 100. Tuttavia, ci sono altre soluzioni che consentono di accedere alla pensione o alla possibilità di prepensionamento. Una cosa è certa, ovvero il bisogno di soddisfare requisiti contributivi. Infatti, non si può andare in pensione senza aver mai lavorato. Nel dettaglio, per la pensione di vecchiaia bisogna aver maturato almeno 20 anni di contributi. Già sono state fatte ipotesi su cosa succederà dal 2022 e i lavoratori che hanno poco più di 60 anni sono preoccupati. In quanto, c’è il timore di dover proseguire l’attività lavorativa fino a 67 anni per accedere alla pensione di vecchiaia.

Pensione di vecchiaia

Questo non è l’unico canale di pensionamento. Nonostante l’inasprimento generale dei requisiti di pensionamento, dopo la riforma Fornero, ci sono ancora soluzioni che consentono di accedere alla pensione o a un prepensionamento ben prima di compiere 67 anni. Infatti, oggi, e fino al 2022, l’età prevista per il pensionamento è di 67 anni e con almeno 20 anni di contributi. Inoltre, alcune categorie di lavoratori, quest’anno maturano il requisito per la pensione di vecchiaia a 66 anni e 7 mesi di età, se alle spalle hanno almeno 30 anni di contributi. Ciò avviene per chi ha svolto lavori gravosi e usuranti caratterizzati da lavorazioni particolarmente faticose.

Quando si va in pensione in Italia
Quando si va in pensione in Italia – Unsolash foto di caroline hernandez

Quota 100

Salvo modifiche alle regole, c’è tempo fino al 31 dicembre 2021 per maturare i 62 anni di età e i 38 anni di contributi che consentono di andare in pensione ben prima della pensione di vecchiaia o dell’anticipata! Inoltre, chi ha iniziato a lavorare prima di aver compiuto 19 anni, per almeno 12 mesi, e rientra in uno dei profili di tutela riconosciuti dall’INPS, ovvero tra i disoccupati, gli invalidi al 74%, i caregivers, gli addetti ai lavori usuranti o gravosi, può andare in pensione con la Quota 41. Quindi, con 41 anni di contributi. Per di più, nel caso di una persona che ha iniziato a lavorare a 18 anni in maniera costante, l’età pensionabile è pari a 59 anni.

Pensione anticipata

Così come la pensione di vecchiaia, anche quella anticipata  ha una propria opzione contributiva alla quale possono accedere quei lavoratori che hanno un’anzianità contributiva pari almeno a 20 anni e con primo accredito successivo al 1° gennaio 1996. Significa che non conta l’età, ma quanti anni di contributi si sono versati. Per gli uomini sono necessari 42 anni e 10 mesi, per le donne 41 anni e 10 mesi. In entrambi i casi, almeno 35 anni devono essere di contributi effettivi, quindi non valgono quelli figurativi riconosciuti in caso di disoccupazione e malattia.

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Opzione donna

Le lavoratrici dipendenti che hanno compiuto 58 anni di età e quelle autonome che hanno compiuto 59 anni di età nel 2019 ed inoltre, hanno raggiunto i 35 anni di contributi, possono andare in pensione dopo aver fatto trascorrere una finestra mobile di 12 mesi per le dipendenti o 18 mesi per le autonome. Quindi, il primo assegno di pensione lo si riceve al compimento dei 59 anni o dei 60 anni e 6 mesi di età.

Lavoratori precoci

Il sistema previdenziale definisce tutte quelle persone che hanno lavorato, e versato contributi, per almeno 12 mesi prima di compiere i 19 anni di età, come lavoratori precoci e meritevoli di tutela. Proprio per questo possono andare in pensione con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età se si soddisfano le seguenti caratteristiche:
● essere disoccupato e avere esaurito le prestazioni di disoccupazione da almeno tre mesi;
● prendersi cura almeno da almeno sei mesi continuativi di un parente con disabilità grave;
● possedere un’invalidità almeno al 74%;
●aver svolto una delle 15 mansioni individuate come “gravose” (per esempio muratori, camionisti, facchini) per almeno sei anni negli ultimi sette o per almeno sette anni negli ultimi dieci.

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Ape sociale

Questa è un’indennità erogata dallo Stato a determinate categorie di persone che hanno compiuto almeno 63 anni. Può accedere a questa indennità:
● chi è disoccupato e ha terminato le prestazioni di disoccupazione da almeno 3 mesi con almeno 30 anni di contributi;
● chi si prende cura almeno da almeno sei mesi continuativi di un parente con disabilità grave;
● chi è invalido almeno al 74% e ha almeno 30 anni di contributi;
●chi ha svolto una delle 15 mansioni individuate come “gravose” per almeno sei anni negli ultimi sette o per almeno sette anni negli ultimi dieci e ha almeno 36 anni di contributi.

Isopensione

Grazie all’Isopensione si può dire addio al lavoro già a 60 anni di età e con 36 anni e 4 mesi di contributi. Questa opzione è attiva dal 2012 e garantisce un assegno ponte da quando si concorda l’uscita dall’azienda fino alla maturazione dei requisiti previdenziali di vecchiaia o per il trattamento anticipato. L’onere dell’operazione è però a carico del datore di lavoro, che deve versare i contributi, in modo che il dipendente, a fine carriera non subisca penalizzazioni per quanto riguarda l’importo della pensione.

Risvolti futuri

Dal 2022 potrebbe essere rivista sia la Quota 100, sia la pensione di vecchiaia per la quale è previsto un innalzamento dell’età da 67 anni a 67 anni e 3 mesi. Tuttavia, il Covid potrebbe avere cambiato tutto. Sapremo con esattezza solo a pandemia finita se l’elevata mortalità tra gli anziani avrà cambiato anche le statistiche generali sulla durata della vita degli italiani tanto da modificare i requisiti d’età pensionistica.

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Pillole di curiosità – Io non lo sapevo. E tu?

  • La gestione con il maggior numero di persone è quella dei lavoratori dipendenti. Su 795.730 pensionamenti del 2020 ben 339.716 appartenevano a questa categoria. Dopo, con 150.053 veniva la gestione dei dipendenti pubblici. Numeri minori interessavano le altre, come quella dei commercianti, 87.366 pensionamenti, e ancora di più quella dei parasubordinati, solo 36.302.
  • Negli ultimi anni si sono susseguite numerose modifiche legislative che hanno cambiato  i requisiti e le età per andare in pensione. L’esigenza di fondo è ovviamente quelle di risparmiare sulla spesa previdenziale che è uno dei capitoli più pesanti per il bilancio pubblico. Nel 2019 la spesa per pensioni  era pari al 14,1% del PIL complessivo e tra il 2021 e il 2022,  passerà da 295,5 miliardi a 304 miliardi.

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