Frutta e verdura di stagione nell’alimentazione quotidiana
Quando si parla di consumo di frutta e verdura di stagione quello che si deve sapere è la regola delle 5 porzioni. Ovvero la regola che definisce la quantità minima di frutta e verdura che tutti dovremmo consumare in un giorno per il nostro benessere. Tale quantità corrisponde a circa 400 g al giorno ed è quella che viene indicata anche nelle linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità per una corretta alimentazione. In Italia secondo l’Eurostat, l’85% degli italiani mangia frutta almeno una volta al giorno, mentre sono l’80% coloro che invece consumano tutti i giorni verdura. Sono, invece, solo il 40% coloro che all’interno di una stessa giornata, mangiano frutta almeno due volte al giorno.
Come frutta e verdura vengono consumati in Italia
Analizzando i dati ufficiali raccolti a questo proposito dall’Istituto Superiore di Sanità relativi a consumo di frutta e verdura nel lungo periodo tra il 2017 e 2020 emerge che sono meno di 5 adulti su 10 quelli che consumano 1-2 porzioni di frutta o verdura al giorno. Scendono a 4 su 10 coloro che ne consumano 3-4 porzioni. Infine, solo 1 su 10 ne consuma la quantità raccomandata dalle linee guida, ovvero, osservando la regola delle 5 porzioni. E, anche se in Italia sono pochi rispetto all’Europa (meno del 3%), esiste una piccola quota di persone, che dichiara di non consumare né frutta né verdura.
Leggendo i dati emerge che l’abitudine a consumare almeno 5 porzioni di frutta e verdura al giorno cresce con l’avanzare dell’età. Si parla di persone adulte con età compresa tra i 50 e i 69 anni. Una tendenza che è comunque più frequente fra le donne e tra le persone con un alto livello di istruzione. Ma resta un’abitudine che non coinvolge più del 12% dei consumatori.
L’Istituto Superiore di Sanità ha monitorato il consumo negli anni tra il 2017 e il 2020 anche in base alla zona geografica. Da qui emerge che nelle regioni del Centro-Sud rispetto a quelle del Nord Italia il consumo di verdura e frutta è inferiore rispetto al minimo consigliato. Ad eccezione della Sardegna in cui il consumo delle 5 porzioni al giorno è fra i più alti.
Habitante a tavola: com’è cambiato il consumo di frutta e verdura con la pandemia?
Cosa influisce sul consumo di verdura e frutta
Secondo alcune statistiche, prima del Covid gli italiani mangiavano mediamente, tra frutta e verdura, circa 230 kg l’anno (630 g al giorno). Con l’avvento della pandemia il consumo di ortofrutta in Italia è cambiato, così come i comportamenti d’acquisto.
Secondo Nomisma, nel 2020 si sono moltiplicate le occasioni di consumo, 1 su 3 mangiava frutta anche fuori dai pasti, per merenda o come spuntino. I frutti più consumati dagli italiani risultano essere le mele, seguite dalle banane. Ora, però, con l’emergenza Covid che si sta contenendo, sono cambiate le abitudini. In più ci sono i venti di guerra che sembrano cambiare le prospettive. Questo perché la guerra in Ucraina sta influenzando l’aumento dei prezzi, aspetto che influisce anche sui consumi di frutta.
Secondo un’analisi di Coldiretti su dati del Crea, i rincari energetici legati al conflitto producono l’aumento del 51% dei costi correnti per la produzione della frutta italiana. Ossia per l’energia che serve per il riscaldamento delle serre, la movimentazione dei macchinari, la produzione di fertilizzanti e di imballaggi. Tutti questi elementi fanno prevedere per il futuro prossimo una riduzione dei consumi.
Secondo l’Osservatorio CSO Italy sui consumi di ortofrutta emerge che in Italia circa il 33% di chi compra frutta e verdura ha 65 anni o più. È proprio all’interno di questo gruppo che si concentra il 42% dei consumi di ortofrutta fresca. Seguono con il 20% delle quote le famiglie con un responsabile agli acquisti di età compresa fra i 55 e i 64 anni e quelli della fascia tra i 45 e i 54 anni. Infine, il 13% dei volumi di frutta e verdura fresca sono stati acquistati da chi ha fra i 35 e i 44 anni. Mentre il restante 5% fa capo agli under 34.
Perché consumare prodotti di stagione
Secondo l’Oms un’adeguata quantità di frutta e verdura aiuta a proteggere da malattie cardiovascolari, neoplastiche e respiratorie. In più assicura un rilevante apporto di carboidrati complessi, nutrienti, sostanze protettive antiossidanti e consente di ridurre l’apporto calorico della dieta, legato al fatto che questi alimenti danno una sensazione di sazietà.
Inoltre, l’Oms stima che il 14% dei decessi per cancro al tratto gastro-intestinale, circa l’11% dei morti per malattie ischemiche del cuore e il 9% dei morti per ictus sono da attribuire allo scarso consumo di frutta e verdura.
Dall’analisi Osservatorio Grana Padano emerge che sono proprio i giovani tra i 14 e 18 anni a mangiare meno verdura rispetto agli adulti (età compresa tra i 18-70 anni). Gli stessi giovani che mediamente consumano, tra verdura cotta e cruda, 217 grammi. Contro il 328 grammi che ne assumono gli adulti. Uno stile alimentare che nel più semplice dei casi, non aiuta a fermare i virus influenzali e a migliorare i sintomi dell’influenza. Ma il dato ancora più allarmante è quello che evidenzia che a consumare meno frutta e verdura sono soprattutto bambini e adolescenti. Con quantità che sono addirittura sotto la metà del fabbisogno giornaliero. Aumentando per questa fascia di età, i rischi legati all’obesità e alle malattie ad essa collegate.
Il raccolto di maggio: ortaggi, legumi e frutta di stagione
Pillole di curiosità – Io non lo sapevo. E tu?
- Secondo Osservatorio promosso da AssoBio e Alleanza Cooperative Italiane e curato da Nomisma l’Italia è, tra i Paesi dell’Unione Europea, quello che conta una maggiore propensione al consumo di ortofrutta.
- Stando ai dati Eurostat nell’intera Unione solo il 64% della popolazione consuma una porzione di frutta almeno una volta al giorno, mentre il 23% assume verdura almeno due volte al giorno. Più di tre europei su dieci, invece, non mangiano né frutta né verdura quotidianamente.
- Secondo Organizzazione mondiale della sanità lo scarso consumo di frutta e verdura è responsabile, in tutto il mondo, di circa il 31% della malattia coronarica e di circa l’11% dell’ictus cerebrale.
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