Le migliori condizioni spesso garantite da Paesi come Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti spingono moltissimi italiani ad accettare lavori in Paesi diversi dall’Italia, andando a ingrossare le fila dei cosiddetti cervelli in fuga.
Il ritorno in patria dei cervelli in fuga
Sono fortunatamente tante le persone che decidono di tornare a lavorare in Italia dopo un periodo, e che dunque si trovano di fronte alla necessità di ricollocarsi sul mercato del lavoro italiano. Un numero che dopo lockdown è in deciso aumento.
Carola Adami, head hunter e CEO della società di selezione del personale Adami & Associati spiega che questo è un trend in aumento. “Ne abbiamo conferma quotidianamente, quando riceviamo i curricula di italiani che, pur essendo impiegati oltre confine, si candidano presso delle aziende italiane. E a confermarlo ci sono delle interessanti indagini effettuate negli ultimi mesi, a partire da uno studio effettuato dal Centro Studi Pwc mediante LinkedIn, secondo il quale 1 talento su 5 desidererebbe tornare in Italia”.
La ripartenza
Sono tanti i motivi che spingono al ritorno e l’emergenza sanitaria ha rafforzato e ampliato questo fenomeno, sia per la volontà di poter stare vicino ai propri cari che per le azioni messe in campo dallo Stato italiano a partire da marzo 2020, le quali sotto molti punti di vista sono state percepite come più efficaci rispetto a quelle elaborate da altri Paesi europei.
Pillole di curiosità. Io non lo sapevo e tu?
- Il primo passo per chi desidera ritornare a lavorare in Italia è sicuramente l’aggiornamento del curriculum vitae con l’inclusione dell’esperienza estera. Ogni dettaglio può fare la differenza, così come ottimizzare il proprio profilo LinkedIn.
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