Sorpresa: anche lo Smart Working inquina l’ambiente

Sopresa: anche lo Smart Working inquina l’ambiente

Lavorare in smart working è stata una delle conseguenze del lockdown da coronavirus. Gli effetti si sono visti: città semivuote, animali selvatici che si riprendevano il territorio, aria più pulita. Tuttavia non tutto è oro…

Svolgere attività in telelavoro inquina l’ambiente con emissioni di CO2: e anche molto

In rete si trovano applicazioni come TreedomCwjobs che permettono di calcolare quanti Kg di CO2 immettiamo in atmosfera mentre lavoriamo a computer o quando svolgiamo le più comuni attività quotidiane. È noto ad esempio che inviando una semplice email diffondiamo nell’ambiente da 4 a 16 grammi di CO2. Se poi alleghiamo un file pesante si possono superare i 50-100 grammi. Tanto per fare un confronto, produrre una shopping-bag di carta comporta l’emissione di 12 grammi di CO2.

Con il telelavoro, inviando ogni giorno circa un centinaio di email, una sola persona a fine anno avrà prodotto tanta anidride carbonica quanta ne avrebbe emessa in un volo aereo da Milano a Roma.

Questo perché l’invio di una email comporta l’utilizzo di data center che, dislocati in ogni parte del mondo, consumano elettricità sia per il loro funzionamento, sia per il loro raffreddamento. I data center infatti imagazzinano tutto quello che inviamo, email, immagini, video, ecc e sono composti da server di grandissime dimensioni che hanno bisogno di molta energia per funzionare. Tanto per dare una idea, i loro consumi sono comparabili con quelli dell’industria aerea. Circa il 4% di tutti i consumi mondiali.

Secondo i dati Audiweb l’utilizzo di Internet è aumentato di gran lunga rispetto ai periodi  pre-covid. Nel mese di Aprile, ad esempio, si sono avuti in Italia 44,1 milioni di utenti unici mensili  rispetto al periodo di pre-emergenza di febbraio (+4,8%) e del tempo speso per persona da questo device (+10%). In alcuni casi questi aumenti sono stati vertiginosi, come nel caso delle risorse Educational  (+27,4%), o dell’ecommerce (+9,9%).

Dunque, anche se in generale il blocco degli spostamenti durante la pandemia ha diminuito l’inquinamento dell’aria, come ad esempio le micropolveri, ciò non è stato per l’emissione di anidride carbonica.

Pensate che tra marzo e maggio Netflix ha dichiarato che i suoi abbonati sono aumentati di circa 16 milioni nei primi tre mesi dell’anno tanto che ha dovuto prendere provvedimenti annunciando la riduzione dei bit rate, cioè la velocità di trasmissione (e quindi la qualità dei video). Senza questo intervento troppi abbonati collegati contemporaneamente avrebbero causato problemi di rallentamento dell’intera rete.

Alcune aziende hanno già preso provvedimenti, come Facebook, che ha collocato alcuni dei suoi data center nella parte più a nord della Svezia, a Lulea, in modo da utilizzare le basse temperature di quelle latidudini vincine al Polo Nord per il raffreddamento dei suoi server. Microsoft non è stata da meno: ha addirittura immerso i cuoi centri di calcolo nelle profondità marine nei pressi delle isole Orcadi della Scozia. Apple invece ha puntato sulle energie rinnovabili. Nessuno oggi potrebbe rinunciare ai servizi di Internet, sia per lavoro che per lo svago e questo comporta un aumento progressivo delle risorse che si trasformano inesorabilmente in emissioni dannose per l’ecosistema. Motivo per cui le aziende si stanno  convertendo nell’utilizzo di energie rinnovabili: unico modo per contrastare la progressiva presenza di CO2 nell’atmosfera.

L’illustrazione di copertina è di studiovin su Shutterstock


Pillole di curiosità. Io non lo sapevo. E tu?

  • Secondo il sito Treedom  una partita di calcio (tra corrente impiegata, trasporti, ecc.) emette 820 tonnellate di CO2, in pratica un quinto di quanto emetterebbe uno Shuttle in partenza.
  • Quattro persone che corrono emettono più CO2 un’auto ibrida che compie il medesimo tragitto.

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