Il 20 novembre ricorre la data che commemora il giorno in cui l’Assemblea generale delle Nazioni Unite adottò, nel 1989, la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza
Si deve a due donne se oggi abbiamo una carta che sancisce i diritti dei bambini. Fu la scrittrice svedese Ellen Key, agli inizi del ‘900, la prima a occuparsi dei diritti e, qualche anno dopo, nel 1919, l’inglese Englantyne Jebb, chiamata “fiamma bianca” per il suo aiuto ai bambini vittime della seconda guerra mondiale.
È sua la prima “Carta dei diritti del Bambino” approvata il 24 settembre del 1924 dall’Assemblea Generale della Società delle Nazioni. Un documento purtroppo non vincolante che nel 1946 perse di validità, fino a che l’Organizzazione delle nazioni unite, approvò una “Dichiarazione dei diritti del fanciullo”. Fu da quel giorno che ogni bambino avrebbe avuto il diritto ad un’istruzione gratuita e ad avere un nome.
Purtroppo anche questa dichiarazione non costringeva nessun Paese a rispettarne i punti.
Solo il 20 novembre 1989 vedremo la luce della “Convenzione dei diritti del Bambino” approvata dall’Onu e ratificata da quasi tutti i Paesi del Mondo, tranne gli Usa, la Somalia e il Sud Sudan.
Perché USA, Somalia e Sud Sudan non hanno ancora ratificato l’accordo?
È la pena di morte applicata ai minori il principale ostacolo alla accettazione di questo trattato nei tre paesi – L’articolo che è stato rifiutato è il seguente: “Nessun bambino deve essere torturato né a pena di trattamenti crudeli, disumani o degradanti. Né alla pena capitale, né l’imprigionamento a vita senza possibilità di liberazione devono essere pronunciati per le infrazioni commesse da persone con età inferiore ai diciotto anni” (art. 37, CRC).
I diritti di tutti i bambini del mondo
Tutti i bambini del mondo devono dunque avere gli stessi diritti, qualsiasi sia il loro sesso, luogo di nascita, religione e lingua: la convenzione dell’ONU lo sancisce chiaramente nei suoi 54 articoli della Convenzione dei diritti dell’Infanzia. Questo video descrive i punti in maniera sintetica.
I 4 principi ispiratori sono:
- non discriminazione
- superiore interesse del minore
- diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo
- rispetto per l’opinione del minore
È un diritto, quello alla vita, alla sopravvivenza, allo sviluppo e a non essere discriminati in nessun modo e per nessun motivo, che purtroppo è ben lontano dall’essere una realtà. Ancora oggi bambini e adolescenti, anche nel nostro Paese, sono vittime di violenze o abusi, discriminati, emarginati o vivono in condizioni di grave trascuratezza e disagio.
Le continue sofferenze, come la fame, la privazione degli affetti e l’impossibilità di frequentare la scuola cui sono sottoposti milioni di bambini nel mondo hanno fatto nascere onlus noprofit come Telefono Azzurro, Save The Children, Amnesty International, Terre Des Hommes, per citarne solo alcune, con lo scopo di proteggere bambii ni da ogni forma di violenza o abuso, garantire a ogni bambino il diritto alla salute, all’educazione e alla vita.
La Carta dei diritti dei figli di genitori separati
La fine delle discriminazioni ai figli di genitori separati era una realtà anche nel nostro paese fino a pochi anni fa. Forse. Proprio per questo l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza ha redatto una Carta dei diritti dei figli nella separazione dei genitori. Dieci articoli che delineano i diritti dei minori durante il difficile travaglio della separazione di due coniugi.
Questo documento prende spunto proprio dalla Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, ed è stato realizato grazie anche all’intervendo della Consulta dei ragazzi dell’Autorità garante e numerosi esperti.
Pillole di curiosità. Io non lo sapevo e tu?
- In Italia la carta è stata recepita il 29 maggio del 1991
- I bambini maschi secondo i dati dell’ONU corrono un rischio maggiore di violenze fisiche rispetto alle bambine; ma le bambine sono soggette a un più alto rischio di violenza sessuale, abbandono e induzione alla prostituzione.
- In almeno 106 Paesi vigono ancora le punizioni corporali a scuola
- 145 Paesi non impediscono punizioni corporali negli istituti di assistenza. Le punizioni corporali sono accettate come provvedimenti disciplinari in 78 Paesi e come parte di sentenze penali in 31 Paesi. Fonte: Unicef
Credits immagine in evidenza: Shutterstock
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