Al granito rosa il prestigioso riconoscimento che riguarda solo ventidue pietre dell’intero pianeta ed è maturato per gli studi di Nicola Careddu con il contributo di Silvana Grillo.
Il Granito Rosa della Gallura ha ottenuto il titolo di Global Heritage Stone Resource (GHSR) dalla sottocommissione Heritage Stones dell’Iugs (The International Union of Geological Sciences). Un riconoscimento internazionale che identifica tutte quelle pietre naturali utilizzate, per un lungo periodo di tempo, nella costruzione di edifici storici e monumenti con un’applicazione geografica ad ampio raggio.
“Il riconoscimento ricevuto – commenta Nicola Careddu docente del Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale e Architettura (DICAAr) dell’Università di Cagliari e promotore della candidatura assieme a Silvana Grillo docente del Dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche della stessa università – ha una forte valenza culturale e scientifica. Il premio viene assegnato a tutte quelle pietre che hanno un forte impatto nella storia, nella cultura, nell’architettura e nell’arte. Pietre che hanno superato i confini di origine e sono tutt’oggi vive, ossia in corso di estrazione”.
Una straordinaria e lunga storia di utilizzazione
Il Granito rosa, commercialmente conosciuto come “Rosa Beta”, ha una straordinaria e lunga storia di utilizzazione da parte dell’uomo che parte dall’era preistorica fino ai giorni nostri. Il Rosa Beta “è nato” circa 300 milioni di anni fa e le prime testimonianze del suo utilizzo risalgono alla cultura nuragica. Un esempio è la Tomba dei Giganti ‘Li Lolghi’, ubicata nel territorio comunale di Arzachena, databile intorno al 1800 a.C. Non è l’unica costruzione nuragica presente nel territorio Gallurese costruita con il granito rosa. A pochi chilometri di distanza, sempre nel territorio comunale di Arzachena troviamo il Nuraghe Albucciu, risalente al 1500 a.C.
Nell’isola la pietra è stata utilizzata anche durante il periodo Romano per monumenti, ville e strade ma non solo. “Secondo alcuni ricercatori – prosegue il docente – il granito sardo ha iniziato a solcare il mare proprio durante la dominazione Romana. Questi sostengono che il marmo sardo sia stato usato per costruire alcune delle colonne del terzo Pantheon a Roma (completato nel I secolo d.C.) tuttavia non si ha ancora certezza di questo”. L’utilizzo del granito in epoca romana è documentato a Capo Testa dove è possibile ancora riconoscere i segni delle cave.
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Il granito sardo ha un aspetto attraente e solido ed è stato usato anche per le abitazioni, da quelle più semplici a quelle più complesse, sia come materiale per elementi decorativi che per architravi o mura portanti.
Il superamento della fase regionale
“Tra le particolarità che deve avere la pietra per poter ricevere il riconoscimento – sottolinea il ricercatore – c’è il fatto che si deve superare la localizzazione in uno specifico territorio, ma deve essere una pietra ad ampio raggio. Ciò che forse non si conosce o forse si tende a dimenticare è che la pietra gallurese nel corso dei secoli ha solcato più volte il mare per giungere gli angoli più lontani della terra”.
Nel XIX secolo inizia l’ascesa prima nazionale e poi internazionale del granito Sardo con la nascita di una società di esportazione che ha fatto conoscere la pietra in tutto il mondo. La società aveva la sua cava a La Maddalena, precisamente a Cala Francese, ed è rimasta attiva fino agli anni trenta del secolo scorso. Dopo un periodo di stop dato dalla crisi economica degli anni trenta e dalle due guerre mondiali, il Rosa Bea ha ripreso a conquistare i mercati internazionali a partire dagli anni ’60 fino agli anni 2000 con diverse costruzioni diventate di riferimento in tutto il mondo.
I progetti del XX secolo
“Tra i principali progetti di costruzione degli inizi del XX secolo – prosegue il ricercatore – ci sono: la Borsa di Milano, il Ponte Palatino e l’Argine del Lungotevere a Roma, i Bacini di carenaggio di Venezia, di Taranto e Malta. A Santos, in Brasile, è stato costruito con il granito rosa la base del monumento a Bartolomeu de Gusmão e a Ismailia, in Egitto, è stato eretto un grandioso monumento ai caduti, progettato dall’architetto francese MR Spitz, alto 50 me lungo 240 m, nel 1928-1930 per commemorare la difesa del canale di Suez durante la prima guerra mondiale”. Ma il granito sardo è presente a est e a ovest del pianeta: Singapore, Hong Kong, Sydney, New York e Seattle. Ma anche a Kuwait City e Riyadh, solo per citare le città più note.
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Il riconoscimento in Italia
Ad oggi sono 22 le pietre che, nel mondo, hanno avuto questo riconoscimento. Il granito sardo Rosa Beta è la seconda pietra italiana ad avere avuto il titolo dopo il celeberrimo marmo di Carrara. Nell’elenco è presente anche una terza pietra italiana proveniente sempre dalla Toscana: la pietra Serena.
In copertina: Rocce granitiche di Capo Testa a Santa Teresa di Gallura nelle coste della Sardegna
Credits Werner Spremberg Shutterstock
Pillole di curiosità – Io non lo sapevo e tu?
- La roccia granitica ricopre i due terzi della Sardegna. Vi crescono le querce da sughero famose per i tappi di sughero di Calangianus, primo per tecnologia e secondo per estensione di sugherete dopo il Portogallo.
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