Incidente nucleare in Russia: è allarme contaminazione?

Incidente nucleare Russia: è allarme contaminazione?|skyfallrussia

Il New York Times l’ha definito “uno degli incidenti peggiori dopo Černobyl”. Rilevate radiazioni da 4 a 16 volte sopra la norma e il governo continua a dire poco e niente. Che tipo di materiale radioattivo è stato disperso? Si tratta di un sistema di propulsione ionica? O di un generatore nucleare di piccole dimensioni?

Nelle ultime ore dalla Russia abbiamo avuto pochissimi aggiornamenti sull’incidente nucleare avvenuto mercoledì 8 agosto nei pressi della base militare di Nenoksa, sulla costa del Mar Bianco, a circa 500 chilometri dal confine con la Finlandia. L’incidente sembra avere avuto come responsabile un piccolo reattore nucleare per la propulsione di un missile sperimentale dell’esercito russo.

 

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Clip del video diffuso nel febbraio 2019 dagli organi di propaganda russi sul presunto lancio del missile Burevestnick/Skyfall

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Nel mentre, Lunedì si sono tenuti a Mosca i funerali dei 5 scienziati morti nell’incidente. Durante i funerali non sono emersi altri dettagli o indiscrezioni. Il governo russo di Vladimir Putin controlla giornali e tv a diffusione nazionale e ottenere informazioni affidabili da fonti indipendenti è dunque quasi impossibile.  Per esempio non sappiamo ancora né quando né dove sia avvenuto di preciso l’incidente, né quante persone siano rimaste coinvolte. Intanto Greenpeace Russia denuncia: per tre giorni aumentate anche le radiazioni beta.

Abbiamo dunque chiesto a un esperto, il fisico Prof. Massimo Auci, di spiegarci quali sono i pericoli per la popolazione e soprattutto per i territori europei in seguito a questo incidente.
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Il nostro ricordo va all’incidente di Černobyl. Ma le analogie si fermano subito perché ci sembra di capire che questo sia qualcosa di completamente diverso.

Certamente, l’incidente di Černobyl è stato di tutt’altra natura. In quel caso si trattò di un evento di grosse proporzioni che per cause umane portò il nocciolo della centrale a non essere più raffreddato, con gli effetti terribili e devastanti che conosciamo.

In realtà oltre a dichiarazioni poco credibili per le loro incongruenze, ora, come allora, si sa veramente poco. Sulla base delle rilevazioni fatte dalle centraline dell’agenzia meteorologica russa, il rapido picco di radiazione gamma misurato e successivamente ritornato alla norma, farebbe pensare all’esplosione di un sistema di propulsione ionica di medie dimensioni o a un generatore nucleare di piccole dimensioni.

Trattandosi di sistemi dedicati allo spazio, l’accumulo di materiale radioattivo doveva essere relativamente piccolo. Una seconda osservazione che si può fare è che l’emissione di fotoni gamma indica un processo di stabilizzazione dei nuclei. Solitamente avviene a seguito di un decadimento alfa o beta che portano gli isotopi radioattivi a trasformarsi diventando nuclei stabili. Il fatto che il picco sia durato poche ore ci porta a credere che si trattasse di un isotopo con tempi di dimezzamento molto brevi, in grado di produrre intensi picchi di radiazione molto pericolosa. Contraddirebbe però l’uso pacifico che si potrebbe fare di quel materiale. Solitamente i sistemi di produzione di energia utilizzano isotopi con tempi di dimezzamento più lunghi. Ciò ne garantisce la durata. Ovviamente se si vogliono ridurre le quantità del carburante radioattivo, occorre diminuire il tempo di decadimento e renderlo più pericoloso.

Quale potrebbe essere il pericolo per la popolazione?

Il pericolo per la popolazione è legato alla dose e alla tipologia di radiazione assorbita. Finché non si conosce la natura del materiale disperso non si possono fare ipotesi sulle ricadute in termini di danno biologico. Se come le agenzie di informazione dicono, le misurazioni di radiaziome sono rientrate nella norma, potrebbero anche non esserci altri effetti collaterali.

Se invece il materiale si è disperso nell’ambiente, potrebbe aver contaminato aria, acqua e la stessa catena alimentare. In questi casi è sempre meglio assumere iodio per evitare di assorbire dall’ambiente lo iodio radioattivo. Non è mai possibile paragonare due incidenti nucleari, avvengono sempre per cause differenti, è però possibile paragonare gli effetti sull’ambiente. Quelli sono sempre gli stessi, la zona contaminata può essere più o meno grande ma ci sono sempre effetti biologici su grande, media o piccola scala, anche se a volte li si osservano solo a lungo termine. Pensiamo a quanto è accaduto a Trieste e al Friuli, molto distante da Černobyl, ma non abbastanza perché la popolazione non ne subisse anche se in minima parte le conseguenze.

Ci dobbiamo preoccupare in Italia e in Europa per eventuale fall-out radioattivo o inquinamento del suolo e dell’aria?

Direi che poiché l’incidente è avvenuto in un poligono militare su una piattaforma del Mar Bianco sopra il circolo polare artico, la maggiore contaminazione dovrebbe averla subita il mare, questo potrebbe portare ad una contaminazione di primo livello di piccole proporzioni della fauna ittica locale. Stiamo a vedere, altro non c’é da fare. Greenpeace potrebbe in questo caso dare una mano nelle misurazioni dei livelli radioattivi della zona, visto che dalle agenzie russe ben poco si viene a sapere. Noi in Europa abbiamo sistemi sofisticati di misurazione dei livelli radioattivi atmosferici. Se dall’otto di agosto non ci sono osservazioni rilevanti, il danno potrebbe essere effettivamente molto contenuto. Non ugualmente contenuto potrebbe essere per le popolazioni locali che hanno purtroppo assorbito il picco di radiazione e ancora oggi potrebbero essere esposte a livelli di radiazione non conosciuti.

 

Foto di copertina: militare russo in tuta antiradiazioni – Foto Shutterstock di PamestaLV

 

Massimo Auci è nato a Roma il 24 febbraio 1955. Si è laureato in Fisica Cosmica nell’anno accademico 79-80 all’Università di Torino, dove ha lavorato presso il Dipartimento di Fisica Generale, svolgendo fino al 1995 didattica e ricerca presso i laboratori di astronomia neutrinica del CNR al Monte Bianco e al CERN di Ginevra.

Autore di numerose pubblicazioni scientifiche, di libri di testo, articoli e saggi, è attualmente Science Editor del portale di comunicazione e divulgazione scientifica “Gravità Zero”.

Cofondatore di Odisseo Space, una società no-profit che opera nel settore della formazione in ambito spaziale, è docente di ruolo presso la Scuola Statale Internazionale Europea di Torino di cui è tra i promotori.

 

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