La ceramica è un materiale ricco di fascino, capace di trasformarsi in oggetti preziosi e raffinati. La sua storia è antichissima e nei secoli si sono affinate tecniche e finiture che hanno reso questo materiale sempre nuovo e capace di adattarsi all’evoluzione del gusto e degli usi. Tra le tecniche nate in oriente e poi acquisite e sviluppate in occidente c’è la tecnica del Raku.
Come nasce la ceramica Raku
La tecnica di lavorazione della ceramica Raku ha origine in Giappone ed è legata alla tradizionale cerimonia del tè, un rito molto antico che prevede un codice di comportamento ben preciso. La realizzazione delle tazze per questo rito venne sviluppata con la tecnica di lavorazione Raku già dal XVI secolo, e all’inizio del novecento il ceramista Bernard Leach la fece conoscere al mondo occidentale grazie alla pubblicazione del suo libro The potter’s book (fonte Dizionario illustrato dei materiali e delle tecniche ceramiche di Nino Caruso). Una tecnica che fu molto apprezzata dai ceramisti americani che hanno diffuso questo metodo di lavorazione nel resto del mondo, in particolare in Europa, affinando procedimenti che ne hanno arricchito la lavorazione.
La tecnica di lavorazione
La lavorazione della ceramica con la tecnica Raku avviene a bassa temperatura, tra gli 800° e i 900°, ed è caratterizzata da un ciclo di cottura molto veloce che sottopone gli oggetti ad uno shock termico rilevante. Per questo motivo viene utilizzata dell’argilla ricca di materiale refrattario, come allumina e silice, che resistono allo sbalzo termico quando si passa dai 900° a temperatura ambiente in pochi secondi. La modellazione di un pezzo che poi sarà decorato con la tecnica Raku può avvenire con diverse tecniche, dalla modellazione al colaggio e la decorazione avviene a secondo fuoco, dopo la biscottatura dei pezzi. Questo significa che i pezzi vengono prima modellati, poi lasciati ad essiccare e cotti in forno per la prima volta. Successivamente si passa alla decorazione con la tecnica del Raku. Per decorare con questa tecnica si possono utilizzare tutti gli smalti e le vetrine che fondono tra i 900° e i 950° e gli ossidi colorati per ottenere i riflessi metallici tipici di questa lavorazione.
La riduzione e ossidazione
La particolarità della lavorazione sta nel fatto che i pezzi vengono estratti dai forni ancora incandescenti, nel momento in cui avviene la fusione degli smalti, e sottoposti a shock termico. Secondo il metodo tradizionale giapponese una volta estratti si lasciano raffreddare all’aria o si immergono nell’acqua. Mentre il metodo occidentale prevede che vengano sottoposti a riduzione all’interno di contenitori riempiti di materiali combustibile come segatura, foglie, carta o erba, a seconda degli effetti che si vogliono ottenere. A rendere molto affascinante questa tecnica di lavorazione è l’utilizzo di ossidi e sali metallici, che a seconda del tipo di cottura, ossidante o riducente, cambiano colore creando effetti sempre diversi. Infatti, utilizzando l’ossido di rame cotto in atmosfera riducente, cioè con poco ossigeno, questo diventa rosso rubino con effetti metallici, lo stesso, in atmosfera ossidante, quindi ricca di ossigeno, diventa verde. Questa tecnica è molto imprevedibile e i risultati cambiano sempre, creando molteplici varianti e gradazioni di colore che rendono ogni pezzo unico. Questo si presta alla realizzazione di moltissimi oggetti diversi, dai vasi a contenitori per vari usi, ai gioielli con ricche sfumature e preziosi riflessi metallici.
Pillole di curiosità – Io non lo sapevo. E tu?
- Per la cottura Raku anticamente veniva utilizzato come combustibile del carbone di quercia molto duro, col quale veniva riempito tutto lo spazio attorno e sotto la camera di cottura.
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