La statistica è uno degli strumenti irrinunciabili del nostro tempo. È una disciplina ostica, poco comunicativa e decisamente unfriendly, che nasce senz’altro per ragioni di ottimizzazione organizzativa, logistica, produttiva. Tuttavia, come ogni strumento, può rivelarsi più utile e versatile di quello che sembra. È quello che accade quando l’indagine statistica diventa uno strumento per comprendere le necessità degli abitanti, e per individuare strategie per migliorare il loro modo di vivere. In tal caso i dati che emergono posso essere molto preziosi.
Negli ultimi anni alcuni istituti di ricerca si sono dedicati a monitorare l’aumento tra gli abitanti di un tasso preoccupante, il tasso di solitudine.
I numeri italiani del fenomeno
La bibliografia a disposizione sull’argomento rispetto alla situazione italiana è relativamente recente, ma già nel 2017 un articolo pubblicato da Il Sole 24 ore esponeva dati piuttosto sconcertanti che si riferivano al 2015. Secondo la ricerca di Infodata ben il 13,2% degli italiani sopra i 16 anni afferma di non avere una persona fidata a cui chiedere aiuto (la media europea è intorno al 6%).
Questo significa che un italiano su otto si sente solo. Che si tratti una realtà o di una sensazione percepita, questo tasso di solitudine è un indicatore molto significativo rispetto alla qualità della vita di una fetta non trascurabile degli abitanti italiani.
Le forme di solitudine che possono permeare la vita di un cittadino possono essere diverse. È stato ad esempio rilevato che oltre la metà degli italiani si sente sola davanti alla necessità di affrontare problemi con il sistema welfare. Il 52,7% di loro non saprebbe a chi rivolgersi in un caso simile. Sebbene un dato simile non rientri nelle statistiche per definire il tasso di solitudine, è comunque eloquente sul senso di isolamento e di incertezza che alcuni abitanti provano rispetto agli organismi statali.
Le cause
Quali sono le cause del sempre più preoccupante aumento del tasso di solitudine?
Le cause del fenomeno possono essere individuate incrociando i dati relativi al tasso di solitudine con altri, e interpretandoli alla luce dei cambiamenti sociali.
Incrociando i dati con alcuni indicatori economici e sociali ad esempio, la ricarica di infondata ha evidenziato come la percezione della solitudine aumenti con il peggioramento della situazione economica. No, non è un modo per confermare facili stereotipi, ma è sicuramente indice di come una situazione economica precaria o difficile influenzi negativamente la socialità e la reputazione di se stessi, che alla socialità sta alla base.
La combinazione di fattori economici svantaggiosi e di cambiamenti sociali, come il rimpicciolimento dei nuclei familiari, lo stile di vita frenetico delle grandi città, la pressione costante rispetto alle prestazioni lavorative, la mancanza di supporto per categorie particolari come gli anziani o le famiglie con un solo genitore, aggrava sensibilmente il tasso di solitudine percepito dagli abitanti.
Alcuni dei fattori che paiono invece agire come veri e propri deterrenti rispetto al tasso di solitudine sono l’istruzione e le attività di associazionismo e volontariato. Anche a costo di scivolare in un facile cliché, sembra davvero che si possa affermare che il tasso di solitudine si combatte attraverso la diffusione dell’istruzione, della cultura e attraverso l’adoperarsi per gli altri. Non è raro infatti che sociologi e psicologici affermino che fare qualcosa per gli altri anche in momenti di propria difficoltà sia di aiuto innanzi tutto a se stessi.
La radice della connessione è il sincero interessamento, un bene prezioso che non costa nulla.
Pillole di curiosità. Io non lo sapevo. E tu?
Il governo inglese di Teresa May ha istituito il Ministero della Solitudine nel gennaio 2018, proprio per contrastare il fenomeno crescente della solitudine dei propri cittadini.
Alcuni abitanti hanno individuato dei modi per contrastare la solitudine, scoprili nel nostro articolo sulla Casa Collettiva
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