Italia a rischio dissesto idrogeologico, i dati della ricerca ISPRA

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L’Italia è a rischio dissesto idrogeologico, un dato oggettivo che emerge sempre con più forza durante gli episodi di maltempo che hanno assunto caratteristiche tropicali. In questi giorni abbiamo assistito a numerose tragedie che sono costate la vita a delle famiglie, oltre ad aver causato la distruzione di case e foreste. Ma quali sono i dati sul rischio di dissesto idrogeologico in Italia?

Il rapporto ISPRA sul dissesto idrogeologico in Italia

L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), ha redatto il rapporto 2018 sul dissesto idrogeologico in Italia, che fornisce il quadro di riferimento aggiornato sulla pericolosità per frane e alluvioni sull’intero territorio nazionale e presenta gli indicatori di rischio relativi a popolazione, famiglie, edifici, imprese e beni culturali. I dati riportati sono allarmanti:

Complessivamente, il 16,6% del territorio nazionale è mappato nelle classi a maggiore pericolosità per frane e alluvioni (50 mila km2). Quasi il 4% degli edifici italiani (oltre 550 mila) si trova in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata e più del 9% (oltre 1 milione) in zone alluvionabili nello scenario medio.

L’Italia è uno dei paesi europei maggiormente interessati da fenomeni franosi, con 620.808 frane che interessano un’area di 23.700 km2, pari al 7,9% del territorio nazionale. Tali dati derivano dall’Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia (Progetto IFFI) realizzato dall’ISPRA e dalle Regioni e Province Autonome secondo modalità standardizzate e condivise.

Circa un terzo del totale delle frane in Italia sono fenomeni a cinematismo rapido (crolli, colate rapide di fango e detrito), caratterizzati da velocità elevate, fino ad alcuni metri al secondo, e da elevata distruttività, spesso con gravi conseguenze in termini di perdita di vite umane. Altre tipologie di movimento (es. colate lente, frane complesse), caratterizzate da velocità moderate o lente, possono causare ingenti danni a centri abitati e infrastrutture lineari di comunicazione. I fattori più importanti per l’innesco delle frane sono le precipitazioni brevi e intense, quelle persistenti e i terremoti.

Ogni anno sono qualche centinaio gli eventi principali di frana sul territorio nazionale che causano vittime, feriti, evacuati e danni a edifici, beni culturali e infrastrutture lineari di comunicazione primarie (172 eventi nel 2017, 146 eventi nel 2016, 311 eventi nel 2015, 211 nel 2014, ecc.).”

Dal rapporto Dissesto idrogeologico in Italia: pericolosità e indicatori di rischio. Edizione 2018. ISPRA, Rapporti 287/2018

Ingenti danni a causa del maltempo

In questi giorni tutta l’Italia è stata messa a dura prova dal maltempo che non ha risparmiato nessuna regione, casi di frane, alluvioni e trombe d’aria che hanno divelto strutture, allagato campi e distrutto raccolti ma anche abitazioni e strutture pubbliche e private.

I disastri causati dal maltempo sono ingenti e colpiscono ⅓ delle produzioni agricole italiane, Coldiretti chiede lo stato di calamità e stima i danni che hanno colpito l’agricoltura e le foreste per un ammontare di circa un miliardo di euro, da troppo tempo le aziende Italiane sono costrette a dover fare i conti con il susseguirsi di questi fenomeni che ne hanno messo in ginocchio le produzioni.

Il maltempo e i frequenti episodi di dissesto idrogeologico non solo hanno colpito il comparto agricolo ma soprattutto mettono a rischio la vita di molte persone. I dati riportano che è a rischio il 91% dei comuni italiani (88% nel 2015) ed oltre 3 milioni di nuclei familiari risiedono in aree ad alta vulnerabilità.

Quali sono le cause del dissesto idrogeologico

Le cause che provocano il dissesto idrogeologico sono di due tipi, quelle naturali e quelle provocate dall’uomo. La conformazione del territorio italiano lo rende particolarmente fragile da questo punto di vista: il nostro è un paese geologicamente giovane, caratterizzato da forti dislivelli del terreno e ricco di piccoli corsi d’acqua a carattere torrentizio che sono frequentemente soggetti all’alternarsi di fenomeni di magra e piena. A questo si aggiunge il cambiamento climatico che genera fenomeni molto violenti.

In questo quadro l’intervento dell’uomo è stato decisivo per determinare il peggioramento di una condizione già a rischio, l’aumento esponenziale della cementificazione ha privato il suolo del suo naturale elemento difensivo: le piante e la terra. Le radici fungono da sostegno nei terreni particolarmente pendenti o fragili, e la terra favorisce l’infiltrazione dell’acqua drenandola nel sottosuolo. L’abbandono dei campi, l’incuria e l’impermeabilizzazione del suolo dovuta alla cementificazione selvaggia hanno reso ad alto rischio zone che avevo già caratteristiche favorevoli al dissesto idrogeologico.

 

Cosa si può fare

I passi da fare sono molti e richiedono più livelli d’intervento. Partendo dalla cura dei territori a rischio con continui presidi e interventi di manutenzione ordinaria, come la pulizia dei letti di fiumi e torrenti e dei canali. Ma anche lavori di adeguamento e ristrutturazione di corsi d’acqua e della rete di bonifica, delle quote arginali e delle idrovore e la realizzazione di canali scolmatori. Come anche è necessario prevedere interventi di manutenzione sulla rete idrica che raggiunge i centri abitati.

Diventa molto importante intervenire sul territorio mettendo in atto azioni volte ad invertire il processo di cementificazione che ha portato a queste conseguenze estreme il rischio di dissesto idrogeologico, lavorando sulla stabilizzazione delle pendici collinari e montane e favorendo il ripristino dei campi coltivati.

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