Il progetto Florityfair: fiori di stagione a km 0 online

Florityfair

La redazione di Habitante ha incontrato Giulia Giontella di Florityfair, per commentare i dati dell’Osservatorio dell’Habitat e scoprire come la Pandemia ha cambiato gli abitanti e le case

La giovane imprenditrice Giulia Giontella è la mente della Pro Dry S.r.l., società romana proprietaria di Florityfair. Si tratta di un progetto che in pochi anni ha saputo ritagliare un posto in prima fila nel panorama nazionale del mondo dei fiori. Giulia ha avuto da sempre il desiderio di vendere fiori freschi di stagione a km 0 online, in tutta Italia.

Flority Fair è un e-commerce per la vendita online di fiori sfusi o di bouquet di stagione con la formula in abbonamento settimanale o mensile, di composizioni floreali per ricevimenti, di materiali per fioristi, giardini verticali e tanto altro.

L’idea di Giulia Giontella parte da un suo bisogno personale di avere sempre in casa fiori nuovi e freschi. Mentre questa necessità all’estero le è sempre costata poco, qui in Italia non sarebbe stato possibile appagare lo stesso desidero ad un prezzo ragionevole.

Il progetto Flority Fair nasce proprio per venire incontro a questa esigenza, trasformando un servizio considerato di lusso in una buona abitudine, naturale, semplice e low cost. L’abbattimento dei costi è stato possibile grazie alla scelta di fornitori locali.

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Il progetto Florityfair: fiori di stagione a km 0 online – SHUTTERSTOCK di Africa Studio

Dall’Osservatorio dell’Habitat emerge che la Pandemia ha avuto un forte impatto sui nuovi bisogni e stili di vita degli abitanti italiani. Il lockdown ha imposto un freno ai ritmi abituali: l’essersi fermati ha dato modo di godere maggiormente dell’ambiente domestico, ma anche di rendere più coscienti riguardo ai lavori da fare o da programmare. La casa è diventata il luogo della famiglia, della tranquillità e sicurezza. È anche il luogo fisico di cui prendersi cura, è un ambiente da abbellire per rendere più bello e confortevole l’abitare. Come ha risposto la vostra azienda a questi cambiamenti?

Durante la pandemia, noi eravamo credo l’unico fiorista in Italia -sicuramente a Roma, a poter circolare per recapitare bellezza a domicilio. Ricordo che lavoravo anche di notte per sopperire alle problematiche logistiche e che mi sentivo privilegiata nel poterlo fare. L’intero team è stato al mio fianco e al fianco degli italiani e il Covid non li ha fatti indietreggiare di un solo passo.

La convivenza in spazi limitati per tutta la giornata ha reso necessario riorganizzare alcuni ambienti. Il lockdown, dando una maggiore centralità alla casa, l’ha resa una priorità assoluta per il 13% della popolazione e l’ha resa importante per oltre l’80% degli intervistati. La vostra azienda ha notato questa sorta di “cambio di rotta” diventando spettatore di un aumento nelle vendite e spettatore di acquisti che sono cambiati in relazione a quanto osservato?

No, anzi, in un periodo di incertezza, dopo l’entusiasmo iniziale, i fiori, bene di lusso per eccellenza data la loro deperibilità e natura prettamente estetica, sono stato il primo taglio delle famiglie al bilancio domestico. Triste a dirsi ma il fiore è acquistato al 90% da donne, che ancora nel 2022 si rendono protagoniste nella gestione della casa ed evidentemente in un periodo in cui, a causa delle restrizioni, non si sono potuti avere ospiti a cena con cui fare show off la priorità di avere una casa bella non è esistita. A dimostrazione che nella società odierna conta spendere non per se stessi ma per apparire.

Smart Working e nuove abitudini di consumo con il digitale. Il 38% degli abitanti è stato in Smart Working negli ultimi 2 anni. Tra loro il 17% è già rientrato a lavoro, mentre il 21% è ancora coinvolto nel lavoro da casa. Anche chi rientrerà, continuerà ad alternare lavoro domestico e lavoro in sede. Dall’Osservatorio è emerso che a seguito del fenomeno dello Smart Working, più della metà degli intervistati ha fatto acquisti tramite e-commerce in modo più frequente rispetto al pre-Covid. La vostra azienda ha notato un aumento degli ordini online? Qual è stato, in percentuale, l’incremento delle vendite sul vostro e-commerce?

Durante la pandemia vera e propria sì, ma appena si è potuti uscire invece c’è stato un drastico calo, credo accomunato a tutti i settori dell’e-commerce. Aggiungo che ne sono felice. Da consumatrice prima che da imprenditrice, penso che l’economia reale legata ai negozi fisici sia preziosissima e che potrebbe nel giro di qualche generazione sparire. Entrare in un negozio di fiori quando se ne ha il tempo è un’esperienza che inebria tutti i sensi, per i giorni di corsa invece va bene l’acquisto online che non vuole essere un’alternativa definitiva ai fioristi fisici.

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6 italiani su 10 hanno avuto tempo e modo di praticare il fai da te durante la pandemia. I 2/3 tra chi ha praticato bricolage ha anche imparato cose nuove e quasi la totalità di loro continuerà a praticare il fai da te anche in futuro. È emerso infatti che il fai da te occupa saldamente la 4° posizione nel ranking delle attività che si svolgeranno in casa a fine pandemia insieme al gardening. Cosa pensa la vostra azienda a riguardo?

Abbiamo investito molto in questa direzione, c’era molto interesse ma anche poco budget da parte dei consumatori. Ormai si pensa di poter avere servizi a poco mentre il lavoro non può essere sminuito. Capiamo la crisi ma siamo pur sempre una S.r.l. che deve far quadrare i conti, pensare di avere un professionista che lavora per noi come onlus non è perseguibile. Da ben prima della pandemia i nostri corsi sono diventati famosi in tutta Italia, ospitati da location come musei e ville storiche. I nostri corsi della durata di quasi una giornata, compresi di tutti i materiali non possono avere un costo inferiore ai 100/150 euro a partecipante con un numero di partecipanti che oscilla tra i 10 e i 15. Capiamo non sia un budget per tutti e per questo abbiamo preparato dei kit da spedire a domicilio e dei video corsi divisi in moduli alla metà del prezzo, eppure non sono decollati come ci saremmo aspettati.

Oltre agli spazi interni anche quelli esterni sono stati quindi sfruttati per un cambio di destinazione o abbelliti per poterne fare un maggiore uso. Come questo ha influito, secondo voi, sugli acquisti per la casa?

In realtà su questo ha prevalso il fai da te, non tutti hanno uno spazio esterno da abbellire e comunque le piante oltre all’acquisto sono un grande lavoro. Se non si ha il pollice verde o la costanza di annaffiare, concimare, curare, è necessario prevedere un impianto di irrigazione e pagare qualcuno periodicamente che se ne prenda cura. Ricordo che mia madre interrompeva le sue ferie estive per tornare a Roma facendosi 3 ore di auto solo per annaffiare le sue amate piante. Lasciava noi figli in custodia ad amici o parenti: le sue piante non le affidava a nessuno. Le piante sono vive, prenderle per farle soffrire è un gesto egoistico, che pericolosamente educherà chi cresciamo a non ritenerle preziose: non tutti oggi hanno la sensibilità e la capacità di prendersi cura dell’altro. Figuriamoci delle piante.

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Un dato importante: italianità, qualità e risparmio sono diventate le parole chiave dei consumi post Covid. Come gli italiani, dopo il Covid, stanno approcciando agli acquisti?

A sentire in giro, tutti oggi amano la natura e vivono nel rispetto di essa, ma la verità è che il 90% di chi lo dice non sa nemmeno di cosa stia parlando e ripete gli slogan dell’onda. Prova è che nonostante da anni promuoviamo la sostenibilità e stagionalità nel nostro settore, e l’eco mediatico c’è stato eccome, a San Valentino il 99% degli italiani continua a comprare rose africane. Come è noto a tutti questa scelta condanna a morte certa, centinaia di elefanti l’anno, ruba la preziosissima acqua alla popolazione locale e avvelena la loro terra sfruttando la mancanza di normativa in tema di smaltimento delle acque oltre che la mano d’opera minorile. Serve un cambio generazionale per evolverci. Le nuove generazioni per fortuna evidenziano con sensibilità l’ipocrisia o pigrizia consumistica di noi adulti.

Dall’indagine, risulta importante anche la sostenibilità dei prodotti. Come la vostra azienda si colloca in quest’ottica? La vostra è un’azienda che può definirsi sostenibile?

Dire di essere sostenibili al 100% è una bugia di cui non voglio essere protagonista. Molti dicono di esserlo per puro marketing. Proprio come l’etichetta del biologico. Quando Flority Fair è nata non esisteva nulla di nemmeno lontanamente sostenibile. Il settore dei fiori in Italia è stato leader per secoli nel mondo e in appena 20 anni la delocalizzazione ha fatto chiudere il 98% dei nostri floricoltori o riconvertire a nuove colture. I Paesi che ci hanno soffiato il primato ora ci fanno girare un terzo del PIL. Così per chiarire come noi italiani sappiamo valorizzare bene quel che abbiamo. Quello che abbiamo creato è stata una missione che è andata contro i poteri forti del settore: abbiamo ridato fiducia e ossigeno ai piccoli floricoltori, credendo in loro, mettendoli in contatto con i consumatori finali e raccontando la loro storia in ogni tv e testata nazionale. Sperando di destare indignazione e senso di appartenenza che potesse portare alleati e incentivare il consumo che risollevaste le loro sorti. Invece è nata una sana concorrenza, ma purtroppo comunque non è riuscita a salvarli tutti, visto che il Covid ha dato il colpo di grazia a molte piccole realtà familiari.

Per ultimo, dallo studio, risulta relativamente importante anche l’accessibilità via web. La vostra azienda è in grado di garantire una buona fruibilità del sito, facilità nell’acquisto e tutti quei servizi che possono rendere easy l’acquisto online?

Stiamo proprio adesso investendo nel rifacimento della piattaforma per adeguarci alla miglior fruibilità possibile della piattaforma per essere sempre sulla cresta dell’onda in termini di progresso.

Grazie per il tempo dedicato.

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