Ornella Piluso, in arte topylabrys, è un’artista contemporanea milanese particolarmente attenta ai temi dell’ambiente e dell’alimentazione. È direttrice artistica dell’associazione Arte da mangiare e una delle ideatrici del MAF Museo Acqua Franca di Milano.
Habitante l’ha incontrata questa settimana.
Ornella, la sua ricerca e produzione artistica ha come focus due temi principali, l’arte e l’alimentazione. Come affronta tematiche così importanti nelle sue opere?
L’approccio alle tematiche del cibo, inizialmente è stato un po’ provocato dal fatto che da circa 40 anni ho fatto la scelta etica di essere vegetariana. Ovvero non mangio animali e, voglio precisare, nemmeno il pesce, in quanto “carne di pesce”. Tale scelta mi ha portata a guardare cosa c’era nel piatto e mi sono così posta una serie di domande.
Perché i pomodori non hanno più il gusto di quelli che mangiavo da bimba?
Ecco, partendo proprio da queste mie considerazioni ho cercato di approfondire tematiche di cui una volta proprio non se ne parlava.
“A A come Arte ed Agricoltura” mi ha vista attiva e per più di venti anni ho proposto Orto d’Artista dalla Semina al Raccolto, dove sviluppavo il progetto e invitavo colleghi ad una performance, seminando in terreni o luoghi improbabili, simbolici. E dopo mesi, costruivamo installazioni che erano il frutto di una semina avvenuta, cresciuta attraverso un intervento d’arte.
Da sempre gli scarti di qualsiasi cosa, anche del cibo mi hanno attratta e personalmente nei miei lavori ho utilizzato scarti di tutti i materiali, in particolare la plastica.
L’avventura come topylabrys ha avuto inizio circa cinquant’anni fa usando scarti che reperivo in aziende.
Sono stata attratta anche dal profumo di cibi antichi che si sposavano con forme primordiali. Ma anche il fuoco come fonte di rigenerazione, che uso infatti a volte come tecnica per i miei lavori. Oppure l’acqua: su quest’ultima mi sono soffermata molto e continuo a lavorarci tutt’ora. Ma sto parlando di acque reflue che diventano invece fonte di energia, di ulteriore sussistenza se depurate .
La vita quotidiana è stata ed è per me una grande fonte di ispirazione. Anche ogni problema che ne emerge, può essere interpretato attraverso l’occhio sublime dell’arte, e spesso lo faccio in modo ironico.
Una delle proposte ironiche hanno accompagnato le mie opere sul “panettone“, con un evento che organizzo ogni anno tra novembre e dicembre. Progetto nel quale ho avviato numerose collaborazioni sia con giovani chef ma anche con chef importanti come Gualtiero Marchesi, Sergio Mei, Pietro Leeman, che hanno sperimentato e proposto nuovi sapori ispirandosi alle mie opere.
Insomma il cibo anche dal punto di vista artistico, dal passato ai giorni nostri è sempre una fonte di riflessione per noi Artisti.
Ornella, ci può togliere una curiosità: qual è l’origine e il significato di topylabrys, il suo nome d’arte?
Quando si è giovani a volte si è più complessi e forse meno pratici. Io rincorrevo il sogno della ricerca in Arte. topylabrys (tutto minuscolo) è un nome ma anche un marchio. Il significato? Abbastanza arzigogolato come ero Io e a volte lo sono ancora oggi.
Cominciamo da labrys: era il simbolo che si trovava sulla porta del labirinto di Cnosso. Il labirinto sappiamo che può essere luogo di angoscia, alla ricerca dell’ uscita, mentre io lo vivo come luogo da esplorare, pieno di occasioni. Cosa c’è dietro l’angolo?
E poi topy: mi sono voluta rifare a quegli animaletti da laboratorio, le cavie, quei topolini che si danno un gran da fare per sopravvivere. E corrono incessantemente fra spazi chiusi, salendo e scendendo…alla RICERCA sempre di una uscita, di un arrivo! Sottoposti a mille ostacoli, ma non si fermano mai.
Ecco, una visione forse un po’ nevrotica, ma che nel tempo si è rivelata molto veritiera.
Infatti il mio continuo proporre ne è la dimostrazione più concreta. Nella realtà il labirinto me lo costruisco scavando, come una piccola cavia e l’Arte inesorabilmente sfrutta, attraverso continui stimoli che mi manda. Mi obbliga a non fermarmi, ad indagare anche con una certa nevrosi, per capire, per scoprire…ma non è mai finita.
Alimentandomi di ogni curiosità mi consumo e questo consumo è il mio cibo, il cibo di topylabrys.
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topylabrys non è solo scultura e performance artistiche. Ma anche oggetti di design e accessori moda. Anche in questi campi possiamo trovare un riferimento alle tematiche ambientali?
Quando si nasce per scoprire e ci si diverte così, è inevitabile che si sconfina in vari settori. La curiosità porta altrove, nel bene nel male.
È chiaro che nei 5 decenni in cui mi sono occupata di creatività le cose sono mutate infinitamente. All’inizio la mia creatività “disordinata“ era mal giudicata. Incompatibile poi per una donna darsi sfrontatamente a materiali inusuali come la plastica, per giunta di scarto. Era cosa mal vista andare nelle discariche (c’erano con me anche barboni, cadaveri di animali e ogni sorta di oggetti) Approvvigionarsi di quasi immondizia era incompatibile con la tradizione legata al concetto classico del “ BELLO” del “PREZIOSO” che ancora dominava.
Questo ho voluto dirlo perché è stata una esperienza fondamentale per me, giovane donna invisibile, proprio da pattumiera, da rifiuto e diciamocela tutta…una innovazione così forte non poteva essere concessa ad una donna che ancora doveva rappresentare grazia, eleganza, facezie ecc.
Ma io non mi scoraggiavo, la passione per ciò che riuscivo ad ottenere era la mia vera resistenza. Quei pezzi di materiale di rifiuto ho cominciato a lavorarli. E ho visto in loro una “ BELLEZZA NUOVA” diversa e piena di magia, pronta a proporli come bracciali, collane, pendagli, orecchini, anelli.
Ma anche abbigliamento
Sì! Cominciai ad espandermi con cappelli, borse, corpetti, reggiseni, tutti in materiale rigido. Insomma vivendo in un contesto che non poteva sposarsi con la moda consumistica, presentavo tutti pezzi unici che ebbero riscontro in gallerie e tra privati a New York, San Francisco, Miami. Ahimè lo sappiamo, nessuno è profeta in patria!
Ma non sono persona che si ferma a produrre, interessata al mercato…io ho bisogno di camminare su vari sentieri sconosciuti e spesso impervi, ma affascinanti anche se solitari. Ed eccomi così a scoprire materiali come il metacrilato dell’azienda Elkar e sciogliere sui miei dipinti di stoffa il metacrilato liquido ottenendo lastre uniche da vendere agli arabi. O ancora potrei parlare degli anni passati con gli acetati: il Rhodoid della storica azienda Mazzucchelli di Castiglione Olona, dove ebbi la fortuna che mi misero in mano pezzi di lastre imperfette e li, visto il tipo di fantasie preziose, mi tuffai in un mondo unico per me. Dove il colore doveva legare con la forma.
Sono nati così altri oggetti-moda, pezzi rigorosamente unici. Che cominciarono a volare, assieme al mio cuore, in dimensioni completamente diverse dal commerciale.
I miei oggetti accompagnarono le fiere dell’azienda, messi in mostra proprio per dimostrare cosa con quel materiale poteva essere realizzato. E fu così che mi furono richiesti accessori in particolare a Dubai. Ma anche in quell’occasione ne feci solo qualche pezzo, non potevo fermarmi per produrre, dovevo muovermi per creare altro.
topylabrys è sinonimo anche di oggetti di design e sculture
Cominciai con l’azienda Slide, riuscii a trasformare i loro “imperfetti“ in oggetti unici non solo da indossare, ma anche in lampade, sculture, contenitori, vasi, ecc. Insomma, già dall’inizio della mia esperienza artistica come topylabrys mi dedicai spesso a dare una seconda, una terza vita a ciò che incontravo applicando tecniche di lavorazione studiate da me secondo quello che riuscivo a sperimentare.
La mia fortuna iniziò comunque precedentemente, quando fui accolta nel laboratorio della Montedison dove mi diedero a disposizione scarti di ogni tipo, una grande pressa, un capannone e il permesso di giocare dal mattino alla sera, senza obbligo di arrivare a nulla. E così mi sono trasformata in una autodidatta della plastica, alla ricerca di informazioni dai tecnici di laboratorio. E poi le applicavo su materiali che cambiavano in continuazione!
Sono stati quattro anni di anarchia creativa, che ho apprezzato tantissimo e mi ha fatto crescere anche come persona. Perché in questa esperienza anche l’aspetto umano ha giocato un ruolo importante: il contatto con gli operai, i rapporti non-rapporti, la presenza di una donna su una pressa di 10 metri. Quante volte ho sentito dire “Ma perché non sta a casa a fare la calzetta?” “Ma cosa vuole fare questa qui ?”
Dico questo non in vena polemica ma per far capire com’era il mondo, gli umori, le difficoltà. Quanti stereotipi sui ruoli sociali. Ma anche la curiosità di pochi, che venivano a chiedere incuriositi dal mio lavoro artistico, e volevano capire, saperne di più.
Questa esperienza mi ha insegnato davvero molto, ed è la testimonianza che ho attraversato la mia vita d’artista proprio come topylabrys, sperimentando tutto.
Ornella, Lei è l’anima di Arte da Mangiare e il cuore pulsante del MAF Museo dell’Acqua Franca di Milano. Ci racconta qualcosa di queste due realtà?
Questa domanda mi permette di affrontare un tema molto controverso, un aspetto che alcuni contestano: essere contemporaneamente artista e creatrice di progetti, eventi, ecc. La storia è piena di grandi artisti che a corte non si limitavano a dipingere o scolpire ma si occupavano anche di spettacoli, scenografie, coordinamento di feste. Anche il famoso Salvador Dalì ne combinava di tutti i colori…chissà perché ora si deve sezionare tutto!
Il mio carattere incostante mi ha portata ad esprimermi su vari campi e di questo sono molto contenta perché ho avuto la possibilità di incontrare numerose persone dalle istituzioni, all’industria, al commercio, religiosi, artisti. Persone di paesi diversi, anche perché ho avuto la fortuna di viaggiare molto e di potermi confrontare con loro, arricchendomi e reinventandomi in situazioni inedite, come è nel mio essere!
27 anni fa mi sono trovata casualmente a conoscere l’allora amministratore delegato Dott. Amos Piero Nannini e successivamente Presidente visionario della Società Umanitaria (storica realtà prestigiosa, laica, milanese il cui scopo principale è l’accoglienza ai derelitti, insegnando loro un mestiere per sollevarsi da se medesimi). Mi chiese se volevo collaborare per muovere le acque dell’arte! Potevo rinunciare ad una occasione di questo genere?
Avevo quasi cinquant’anni, la mia esperienza professionale avanzata, poter respirare l’aria di una realtà dove lo scopo principale era dedicarsi al sociale, per me era un privilegio. Avevo carta bianca purché rispettassi le condizioni etiche dell’ Umanitaria: accoglienza e opportunità agli artisti che desideravano esprimersi su tematiche sociali. Niente gallerie d’Arte, nulla che fosse legato al Sistema.
Ci voleva qualche cosa che non fosse allora nel sistema, e così la mia scelta di essere vegetariana mi fu di stimolo e con il Presidente di Umanitaria fondammo l’associazione culturale, diventata successivamente Movimento di pensiero Arte da mangiare mangiare Arte.
Che cosa fa esattamente Arte da mangiare mangiare Arte?
Il percorso di Arte da mangiare è iniziato ventisette anni fa, un percorso che si è costruito giorno per giorno, secondo le problematiche che intravedevo e che dovevano essere portate alla luce attraverso operazioni artistiche anche con la presenza di opere da mangiare. Vere e proprie performance. A Milano in quegli anni non esistevano ancora performance, soprattutto con il cibo protagonista. Gli Artisti si attenevano all’argomento che si assegnava e producevano un’opera d’arte con la propria tecnica (pittura, scultura e successivamente installazioni ). Un’opera fatta con il cibo che dovesse esprimere l’idea della loro poetica sull’argomento.
Ciò cosa vuol dire? Se la poetica dell’ artista era forte o violenta ecco che il sapore del cibo non poteva essere molto gradevole.
Abbiamo dato la possibilità ai visitatori di “GUSTARE” anche attraverso l’olfatto il messaggio d’arte che l’autore voleva trasmettere!
L’Artista come un sacerdote DISTRIBUIVA ARTE da Mangiare. E solo chi era presente poteva partecipare e quindi condividere un messaggio che non si sarebbe mai più ripetuto perché l’opera poi spariva. Tutto ciò trasmette il concetto di unicità e di momento. È chiamata Performance in Decline, perché poi il tutto si dissolve.
Sono state decine le operazioni fatte, prevalentemente in Umanitaria, dove confluivano flotte di persone per assistere, ma successivamente anche in molti altri luoghi milanesi costruendo così un vero e proprio percorso che passava da un museo ad un ristorante, ad uno studio d’Artista, ad un negozio, ad una galleria … insomma … abbiamo spaziato in anni non sospetti, liberando il concetto d’ Arte, portandola alla cittadinanza. Questa è stata una grande vittoria.
Ma topylabrys guardava già anche altrove. Ci parli dell’avventura più recente con il MAF Museo dell’Acqua Franca.
Erano gli anni di Expo, dove siamo siamo stati presenti con progetti legati alla società civile e un bando che, come topylabrys, ho vinto con la fondazione Bracco. Ma guardavo già oltre, e la cosa che mi sembrava essenziale era promuovere il Depuratore di Milano Nosedo, una vera eccellenza mondiale dove ho fondato la DepurArt Lab Gallery diventata poi MAF Museo Acqua Franca. Un’avventura bellissima che continua da 11 anni.
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Perché un Museo in un depuratore?
Beh, di motivazioni con il tempo ne abbiamo scoperte parecchie, ma quella immediata che mi ha portato a chiedere ad alcuni temerari artisti di seguirmi in quel contesto era la più evidente: siamo in un SISTEMA. L’artista che sta FUORI dal SISTEMA non ha un mercato ad alto livello e spesso è l’artista stesso che rifiuta il sistema volendo dedicarsi ad un suo percorso sperimentale. O, diciamolo pure, non di moda. Da qui la necessità di depurare il Sistema!
Spesso l’Artista non riesce ad esprimersi perché non ha opportunità ed esprimersi costa, o bisogna scendere a compromessi e l’Arte non concede compromessi.
Ho deciso di ripetere così l’apertura all’accoglienza come avevo fatto in Umanitaria. E abbiamo iniziato ad affrontare il concetto di Transizione Ecologica, abbiamo aperto alla cultura, alla tecnologia, alla scienza la possibilità di conoscersi, abbiamo scoperto in questi anni, attraverso l’Associazione, con la presenza costante di Monica Scardecchia, abile e profonda curatrice del MAF, l’economia circolare.
Abbiamo collaborato con varie realtà , come l’ufficio di Milano del Parlamento Europeo, la Camera di Commercio, il Ministero della Cultura e quello dell’Ambiente. Ma anche la Regione Lombardia, il Comune di Milano, il municipio. Il corpo consolare di Milano, ad esempio, è sempre presente grazie al nostro attuale Presidente Vincenzo de Vera d’ Aragona.
Insomma attraverso una intuizione, ad una mia necessità personale di far nascere installazioni d’arte all’ interno dell’Azienda milanese, simbolicamente per depurare l ‘Arte, è partito questo progetto che continua tutt’ora.
Per anni abbiamo seguito le tematiche che l’Assessore del Comune di Milano, Filippo del Corno, proponeva, e siamo riusciti a smuovere riflessioni e incontri. Ma ora la strada è ancora lunga.
Che cos’è il Festival dei Depuratori?
I depuratori di Milano sono gestiti da MM spa, e lo scopo del Movimento è quello di far riconoscere il MAF come una eccellenza della città che ha già la sua storia. Che non nasce per moda, come sta accadendo spesso, perché invece parlare di ambiente è urgente. Il MAF ha prodotto parecchie operazioni di cui la più particolare è sicuramente il Festival internazionale dei depuratori che si celebra ogni anno da EXPO. Una sfida che porto avanti con determinazione, come si deve fare quando la propria vita la si consuma con la passione dell’arte in una nazione come l’Italia.
Ho avuto il privilegio di nascere a Milano, nel dopoguerra, una città laboriosa, all’avanguardia, di accoglienza. Ho avuto la gioia di avere esempi eccellenti nella mia famiglia, dove i miei genitori hanno privilegiato investimenti sull’istruzione, ovvero sull’essere e non sull’avere. E con questo patrimonio penso di essermi immessa incoscientemente in un cammino durissimo ma anche affascinante. Vi ringrazio per avermi dato l’ opportunità di far conoscere non solo topylabrys ma anche e soprattutto le operazioni a cui hanno partecipato e creduto nel tempo un numero rilevante di persone: Perché da soli non si fa nulla.
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