Come l’ambiente influisce sulla salute dell’uomo
La scienza, da diversi anni, ha riconosciuto e dimostrato il forte legame esistente tra l’ambiente e la salute dell’uomo. Questo è uno dei motivi per cui si parla sempre di più di lotta all’inquinamento, emissioni zero, impatto ambientale, transizione ecologica, surriscaldamento globale, promozione di processi sostenibili oltre che ovviamente la salvaguardia del benessere dell’ambiente stesso. Le questioni ambientali sono al centro delle discussioni mondiali proprio perché hanno un diretto impatto sulla salute di chi abita il pianeta terra, ovvero tutti. Detto in altri termini un ambiente sano significa abitanti sani.
Ambiente e salute: i dati
Sebbene negli ultimi anni portare alla luce le evidenti problematiche ambientali abbia fatto smuovere qualcosa in termini di sostenibilità è vero anche che ancora si è lontani da una concreta risoluzione. Lo dimostrano i dati più recenti relativi all’impatto che l’ambiente ha sulla salute dell’uomo. I parametri presi in considerazione per valutare tale impatto sono, per esempio: la qualità dell’aria, la qualità delle acque e risorse idriche, la biodiversità e la naturalità degli ecosistemi marini e terrestri, nonché la qualità del suolo.
Nella relazione sulla “Prevenzione delle malattie mediante ambienti sani” l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) riporta che i fattori di stress ambientali sono ad oggi responsabili per il 12-18 % di tutti i decessi nei 53 paesi del continente europeo. Migliorare quindi la qualità dell’aria e dell’acqua e ridurre l’inquinamento acustico può contribuire sensibilmente a prevenire le malattie e a migliorare lo stato salute umana.
Inquinamento dell’aria: il principale fattore che influisce sulla salute dell’uomo
È stato stimato che l’inquinamento dell’aria è il rischio ambientale principale e anche il più preoccupante per la salute in Europa. Questo viene associato a diverse patologie nell’uomo, tra cui: malattie cardiache, ictus, malattie polmonari e cancro ai polmoni. In termini numerici l’esposizione all’inquinamento dell’aria determina ogni anno oltre 400 000 decessi prematuri. L’inquinamento dell’aria difatti espone le persone a una vastissima gamma di sostanze chimiche inquinanti nella vita di tutti i giorni. Il problema è riconducibile al fatto che alcune sostanze chimiche pericolose una volta immesse nell’aria riescono a persistervi per molto tempo entrando in questo modo all’interno della catena alimentare.
Un’analisi dell’Agenzia europea dell’ambiente (AEA), data 2021, ha dimostrato come il miglioramento della qualità dell’aria ai livelli raccomandati dall’OMS potrebbe prevenire più della metà dei decessi prematuri causati dall’esposizione a inquinanti dell’aria. Lo studio ha posto sotto esame i tre inquinanti che hanno inciso maggiormente sulla salute dei cittadini europei nel 2019. Si parla in particolare di: particolato fine, biossido di azoto e ozono troposferico.
Il dato più recente ha stimato che cui ben 307 000 persone sono decedute prematuramente a causa dell’esposizione all’inquinamento da particolato fine nel 2019. Secondo l’analisi AEA si sarebbe potuto evitare almeno il 58% di questi decessi se tutti gli Stati membri dell’UE avessero diminuito il livello di inquinanti. In termini numerici questo si traduce in 178 000 decessi in meno.
Ambiente e salute: il Green Deal europeo
Il Patto Verde europeo stabilisce il piano d’azione dell’Unione Europea che ha come obiettivo quello di ridurre il numero di decessi prematuri a causa del particolato fine di più del 55 % entro il 2030, rispetto ai livelli del 2005. Stando ai dati attuali l’AEA ritiene che la strada intrapresa è quella corretta. Lo dimostra il fatto che dal 2005 a 2019 il numero di decessi per inquinamento dell’aria è diminuito di circa un terzo.
Transizione ecologica: cos’è e perché è importante per il futuro del pianeta
Pillole di curiosità – Io non lo sapevo. E tu?
- L’indagine Istat “Aspetti della vita quotidiana” ha valutato la preoccupazione degli italiani in merito ai cambiamenti climatici e all’effetto serra. Se nel 2014 erano era il 58,7% dei connazionali a dichiararsi preoccupato, negli ultimi due anni questa percentuale è salita al 70%. In aumento anche la preoccupazione per la perdita di biodiversità che è passata 22,2% del 2019 al 24,3% del 2020. Questa appare più sentita nei giovani nella fascia di età dai 14 ai 24.
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